Mondospettacolo incontra il regista Giulio Base e il cast di Un cielo stellato sopra il ghetto di Roma

La presentazione su Zoom alla stampa di Un cielo stellato sopra il ghetto di Roma, scelto da RaiPlay per celebrare l’imminente Giorno della Memoria, Giovedì 27 gennaio 2021, accende l’interesse dei giornalisti presenti. Già conquistati dalla visione in anteprima alla Festa del Cinema di Roma, lo scorso Ottobre.

L’esperto ed eclettico regista Giulio Base, che in Teste rasate di Claudio Fragasso aveva impersonato l’empio naziskin Saverio, veicolando l’attenzione degli spettatori sulle doti manipolatorie degli empi guru, è lieto di essere riuscito a trarre partito dall’alacre collega capitolino Israel Cesare Moscati. Elemento di spicco della Comunità ebraica romana. Artefice di diversi documentari – tra cui I figli della Shoah – incentrati sul profondo senso di appartenenza degli abitanti del Portico d’Ottavia.

Ed è appunto lo storico complesso monumentale, edificato all’epoca del primo imperatore Gaio Giulio Cesare Ottaviano Augusto vicino al tempio di Giove Statore, a riflettere gli stati d’animo e condizionare la maniera d’agire dei personaggi. Insieme all’Isola Tiberina, il convento di Sant’Alessio e altri emblematici luoghi in grado di fungere da spazi attivi nell’ambito della trama. Secondo i precetti della geografia emozionale. Ad aggiungere forza significante alla funzione diegetica delle location, che uniscono passato e presente accompagnando la studentessa protagonista in un fulgido viaggio di scoperta contraddistinto dall’ampio margine d’enigma iniziale, provvede l’amore per la fabbrica dei sogni. I numi tutelari di Giulio Base sono La vita è bella di Roberto Benigni, Schindler’s list – La lista di Schindler di Steven Spielberg e, principalmente, Kapò di Gillo Pontecorvo. Citato a più riprese. In merito ugualmente all’iniqua stroncatura inflittagli sulle pagine della celebre rivista transalpina Cahiers du cinéma dall’allora recensore Jacques Rivette. In attesa di passare dalla teoria alla prassi dietro la macchina da presa.

Gli strali lanciati contro l’ineluttabile carrellata in avanti sulla prigioniera Terese, che decide di coniugare la vita all’imperfetto gettandosi sul filo spinato ad alta tensione del campo di concentramento, mentre le compagne di sventura le passano accanto in silenzio, costituiscono ora uno sprono per mettere pienamente in luce l’inumano pericolo dell’indifferenza. Che all’epoca del Sabato nero dell’autoctono ghetto, rastrellato dalle SS agli ordini dell’autocrate tenente colonnello Herbert Kappler, prevalse sulla mutua solidarietà predicata invano dal patriottico gerarca ferrarese Italo Balbo. Paolo Del Brocco, amministratore delegato di Rai Cinema, esorta i giovani componenti dell’unanime cast di Un cielo stellato sopra il ghetto di Roma ad accrescere la campagna di marketing. Ed ergo l’appetibilità del film. Grazie alla loro genuina padronanza delle operazioni di positioning sui social. Aurora Cancian, reclutata nel ruolo della nonna dell’adolescente decisa a chiarire il mistero concernente una vecchia lettera carica di dolore nascosto, anziché soffermarsi sui target necessari ad attirare gli specifici target, preferisce porre l’accento sugli stimoli della propria professione: “Ogni volta che vengo interpellata per sostenere una parte, si profila pure la possibilità di approfondire una specifica tematica. Imparando in tal modo qualcosa di nuovo. Mio padre era friulano. Provengo da una famiglia per cui la comprensione delle origini conta moltissimo. Capire da dove veniamo diviene così uno input considerevole per ogni interprete”.

L’attore lucano Domenico Fortunato, oltre a onorare il compianto Israel Cesare Moscati, scomparso il 27 Settembre 2019, rispecchiandone lo slancio umanitario, parla di un’affinità elettiva per il progetto volto a sigillare l’unione d’intenti tra cristianesimo ed ebraismo: “Moscati mi parlò di questo soggetto che stava scrivendo per il piccolo schermo nel 2011. Quando, otto anni dopo, lessi il tweet di commiato da parte del mio amico Giulio Base sembrò finire là. Invece da lì a poco mi hanno chiesto di vestire i panni dell’archivista della comunità ebraica Volterra compresi che avrei potuto rendere omaggio a Israel. Giulio mi ha poi portato alla Sinagoga per studiare l’archivio del vero Volterra e il registro dei deportati. Questo film è uno strumento per sensibilizzare i giovani”. Giulio Base rivela, nonostante le riserve manifestate nei confronti del capolavoro di Pontecorvo da Rivette, uno degli indiscussi capofila della Nouvelle Vague, che la capacità di scrivere con la luce dei cosiddetti Giovani Turchi è stata una significativa fonte d’ispirazione: “Le immagini in bianco e nero definite dalla caméra-stylo della Nouvelle Vague mi hanno permesso di amalgamare diversi aspetti concettuali ed evocativi. Ho voluto congiungere tecnica ed emozione legando parimenti la rilevanza della memoria all’uso del montaggio”. Formuliamo l’augurio sincero che anche il Giorno del Ricordo nell’immediato futuro spinga gli autori con la “a” maiuscola ad associare le ambizioni artistiche alla fragranza dello slancio civile. Per non dimenticare mai né il dramma della Shoah né i massacri delle foibe e l’esodo giuliano dalmata.

 

Massimiliano Serriello