Prof. Giuseppe Tavanti: “La musica aiuta il pensiero creativo”

Un’intervista con il prof. Giuseppe Tavanti, coordinatore del Progetto Regionale Toscana musica e coordinatore progetto piano triennale delle arti per USR Toscana che, in questa breve intervista, ci ha aperto una visuale diversa e molto più ampia sullo straordinario potere della musica. Difatti, grazie alla sua multidisciplinarietà, la musica allena gli studenti ad una palestra di vita, all’adattabilità socio-emotiva e alla collaborazione fra pari che garantisce comunque un successo formativo, oltre che personale. La scuola, ad oggi fra i suoi doveri, dovrebbe garantire l’incontro fra alunni e musica.

Prof. Tavanti, innanzitutto, La ringrazio per la Sua disponibilità e per il Suo tempo. Inizierei, con chiederLe: come la musica ha cambiato la Sua vita in qualità di studente? Anche sei Lei, fin dalla tenera età, ha mostrato doti eccezionali in campo musicale.

Ci terrei a fare una breve premessa: una cosa è la pratica musicale come attività “per tutti”, altro è considerarla in prospettiva per una futura professione. Nel primo caso il beneficio derivante è di tipo culturale, ma anche ludico, ricreativo e addirittura socio-emotivo, che si concretizza non solo con la pratica, ma anche con l’ascolto della musica; nel secondo caso, accanto alla passione per il “linguaggio dei suoni” bisogna considerare anche la necessaria (e faticosa) acquisizione degli aspetti tecnici necessari per esercitare adeguatamente una professione. Venendo alla mia storia, fin da piccolissimo ho sognato di fare il musicista, e più precisamente il pianista. Da bambino ho vissuto la musica quasi come “un imperativo”, che comportava ore e ore di faticoso esercizio. Ma quando ascoltavo altri eseguire musica, allora lo stress dello studio si allontanava, lasciando posto ad emozioni paragonabili alla lettura di un bellissimo libro. Per cui posso dire sicuramente che è quest’ultimo aspetto dell’esperienza musicale che ha inciso maggiormente nella mia crescita. 

Quindi professore, mi conferma che amando la pratica e l’ascolto musicale fin dall’infanzia, matura nello studente un potenziale diverso (quindi, migliore), rispetto ad altri?

Certamente. Infatti, il nostro “Progetto Regionale Musica” dell’Ufficio Scolastico Regionale per la Toscana si rivolge soprattutto a quelle scuole che, pur non avendo indirizzi musicali specifici, organizzano percorsi di diffusione della cultura in ogni suo aspetto, dal coro, all’orchestra, alla pratica strumentale individuale, all’ascolto consapevole di tutti i repertori musicali. È nostra convinzione che la formazione musicale, per il suo potenziale trasversale ed interdisciplinare, può risultare decisivo per il successo didattico e formativo degli studenti. Con la musica si possono addirittura – con progettualità dedicate – recuperare anche abilità di base con studenti anche scarsamente scolarizzati. La musica inserita nell’attività scolastica entra facilmente in sinergia con altri linguaggi artistici come danza, teatro, cinema, scrittura creativa, diventando così la disciplina ideale per lo sviluppo del “pensiero creativo”. Attualmente si parla con interesse ed attenzione sempre crescenti di pensiero creativo, tanto che l’OCSE PISA, nella sua ultima indagine, lo ha inserito fra le competenze da valutare nei quindicenni. Sta mutando, di conseguenza, anche il concetto di “talento”, oggi non più necessariamente riferibile alle tradizionali competenze, ma estendibile alla capacità di creare qualcosa di innovativo in qualsiasi tipologia di attività.

 Professore, con questa risposta ha anticipato – in qualche modo – anche quella che sarebbe stata la mia prossima domanda: i vantaggi per i discenti che si accostano alla musica sono più che tangibili oltre che apprezzabili?

Si, assolutamente. In questi giorni si è svolta la nostra Rassegna Regionale Cori Scolastici, con 92 istituzioni scolastiche partecipanti: una partecipazione numericamente importante, testimonianza del valore educativo, in ordine non solo alle competenze musicali, ma anche a quelle socio-emotive, che giustamente attribuiscono le scuole alla pratica corale. Nel coro, e anche nell’orchestra, lo studente impara a rapportarsi con gli altri, ad ascoltarli attentamente e a comportarsi di conseguenza, a rispettare i ruoli, tra i quali la leadership del direttore. Una vera e propria simulazione di quello che sarà un domani il luogo di lavoro. Il più grande miracolo di un ensemble musicale è che il risultato appare notevolmente maggiore della somma del valore dei singoli componenti del gruppo. Questo è un fatto sorprendente, che rispecchia, in verità, ciò che avviene in natura.

C’è sempre un pensiero comune che aleggia ancora nelle generazioni odierne: ovvero ci si avvicina alla musica, solo se ci “si sente portati”. Cosa ne pensa di questo?

Questo è una convinzione antica, tipica dei conservatori di musica di un tempo. A chi non aveva risultati brillanti in musica si sentenziava: “Non sei portato”. Ai tempi non si pensava che una didattica efficace avrebbe facilitato l’apprendimento anche di una materia singolare come la musica. Dovevi essere un predestinato, altrimenti la musica non faceva per te. La storia ci ha insegnato che grandi talenti si sono fermati e che ingegni modesti, con l’impegno quotidiano ed un metodo efficace, sono diventati grandi professionisti. Ma cosa significa “essere portato”? Tutti studiano a scuola la matematica senza essere necessariamente portati per questa disciplina, semplicemente perché si tratta di una componente fondamentale della preparazione dello studente. Anche la musica dovrebbe, allo stesso modo, essere affrontata come una disciplina formativa al pari delle altre. E quindi, per affrontare un’attività di “musica per tutti” non si deve essere necessariamente talentuosi. Recentemente ho ascoltato un coro di studenti di un liceo (non musicale) della Toscana che eseguiva musica rinascimentale: non saranno stati dei talenti in senso tradizionale, ma hanno regalato un’ottima esecuzione. E, soprattutto, ragazzi sorridenti e coinvolti nella magia delle armonie che stavano creando.

Professore, immagino che la nostra intervista sarà letta da giovani, insegnanti, genitori, ecc. Che consiglio si sente di darci e che approccio dovremmo avere verso il pianeta musicale?

Un tempo si pensava che la musica, con la M maiuscola, fosse esclusivamente quella classica. Tutto il resto era considerato un sottoprodotto. Per fortuna, con il tempo, abbiamo iniziato a rettificare questo pensiero. Oggi non esiste più una gerarchia che discrimina i generi musicali. Bach, i Beatles, Gershwin, i gruppi del rock storico, Verdi … fanno tutti parte, a diverso titolo, della “buona musica”, e ognuno di noi ascolta quella che preferisce. Anche a livello di esecuzione musicale, ognuno è libero di cantare o suonare quello che vuole, senza timore di incappare in giudizi sul valore artistico dei repertori. I giovani hanno il diritto di amare la musica che preferiscono, senza pregiudizi, e a scuola costituisce una preziosa opportunità per incontrare la musica. Il progetto Regionale Toscana Musica dell’USR per la Toscana ha l’obiettivo primario di facilitare questo incontro.