Serenity – L’isola dell’inganno: Anne Hathaway come Barbara Bouchet

Uomo che si è lasciato alle spalle il passato trasferendosi in una bellissima isola tropicale per iniziare una nuova vita, il capitano Baker Dill possiede in Serenity – L’isola dell’inganno le fattezze del vincitore del premio Oscar Matthew McConaughey.

A quanto pare ispirato a figure mitiche della Settima arte a stelle e strisce quali Humphrey Bogart e Marlon Brando, lo vediamo immediatamente in scena insieme a Constance alias Diane Lane e al compagno di pesca Duke, ovvero Djimon Hounsou, prima che torni a farsi viva la sua ex moglie Karen, incarnata da Anne Hathaway e con una terribile richiesta d’aiuto che spinge quasi ad accostare il plot a quello che fu alla base del poco conosciuto L’adultera, diretto nel 1976 dal greco Erricos Andreou.

Perché, come in quel caso avevamo Barbara Bouchet che spingeva il proprio amante a mettere in piedi l’omicidio del marito in maniera tale che passasse per un incidente durante un’escursione in barca, Karen chiede a Baker di eliminare in una situazione analoga il suo nuovo violento e sadico coniuge Frank, interpretato da Jason Clarke.

L’ispirazione per il film, però, pare essere venuta al regista Steven Knight – autore di Locke con Tom Hardy e Redemption – Identità nascoste con Jason Statham – quando, tre anni prima della realizzazione, si trovava a bordo di un peschereccio, infatti dichiara: “Il capitano della barca era un tipo fuori dall’ordinario. I pescatori sono abbastanza ossessionati dal loro lavoro, e così mi è venuta l’idea di un uomo con il pensiero fisso di catturare un pesce particolare e ho cominciato a studiare più a fondo quel tipo e la sua storia, chi fosse e perché si trovasse lì”.

Ma, man mano che entra nella vicenda anche l’ambiguo personaggio di Reid Miller, dalle fattezze di Jeremy Strong, lo sviluppo narrativo dell’insieme rimane decisamente dalle parti della fiacchezza, cercando inutilmente di far salire in maniera progressiva la tensione.

Di conseguenza, la noia regna sovrana e, se da un lato risulta evidente che ci troviamo dinanzi ad un film alimentare per McConaughey e la Hathaway, dall’altro si approda ad un twist ending che vorrebbe spiazzare lo spettatore ma che, in realtà, possiede un forte sapore di già visto.

Tanto che, nell’apparire decisamente tirato per le lunghe nella oltre ora e quaranta di durata, Serenity – L’isola dell’inganno lascia pensare che funzionerebbe poco anche sfruttato nei pomeriggi o nelle serate estive del piccolo schermo.

 

 

Francesco Lomuscio