Stasera in tv Interno berlinese di Liliana Cavani

Stasera in tv su Cielo alle 23,15 Interno berlinese, un film di Liliana Cavani del 1985. Tratto dal romanzo La croce buddista di Junichiro Tanizaki, prodotto da Yoram Globus e Menahem Golan, scritto e sceneggiato da Liliana Cavani e Roberta Mazzoni, con la fotografia di Dante Spinotti, il montaggio di Ruggero Mastroianni, le scenografie di Luciano Ricceri, i costumi di Jusaburo Tsujimura e le musiche di Pino Donaggio, Interno berlinese è interpretato da Gudrun Landgrebe, Kevin McNally, Mio Takaki, Massimo Girotti. La pellicola venne vietata ai minori di 14 anni dalla censura cinematografica e fu presentata al XXXVI Festival Internazionale del Film di Berlino del 1986. Ciak d’oro nel 1986 per la migliore fotografia a Dante Spinotti.

Trama
Berlino, 1938. Louise, giovane e bella moglie di un funzionario del ministero degli esteri, conosce a un corso di disegno Mitsuko, figlia dell’ambasciatore giapponese e ne rimane sedotta. Gli incontri amorosi delle due donne proseguono, all’insaputa di Heinz marito della donna, prima in casa di Louise e poi in uno squallido albergo. Venuto a conoscenza della situazione Heinz finisce stranamente con il tollerarla, tanto da finire anche lui nella seducente rete di Mitsuko.

Interno berlinese è un’opera di eccezionale eleganza; alta professionalità, insolita capacità di narrare. Superiori a ogni elogio, Dante Spinotti (fotografia), Luciano Ricceri (scenografia) e Jusaburo Tsujimura (costumi). Signorilità formale appena scalfita da inspiegabili stonature: inverosimiglianze narrative (l’alcova dell’hotel Leipzig, lo scoop scandalistico in regime nazista), inadeguatezze interpretative (McNally fa troppo pensare a Dirk Bogarde), l’invadente e tronfia colonna sonora di Pino Donaggio.

Film bello, non deturpato dalle esecrabili incursioni nel sensazionale che la Cavani si concede altrove, ma stranamente distaccato, quasi gelido (tranne che nelle ricorrenti accensioni erotiche della coppia lesbica). La stilizzazione sacrale si decanta in una ieraticità-etichetta di superficie: il quartetto si muove in un suggestivo rapporto con l’ambiente (interni), ma il dramma che vive è a una dimensione. Senza misteri né vertigini. Interno berlinese è così soprattutto illustrazione preziosa, intrattenimento raffinato su un itinerario immorale di trasgressioni e anomalie. Gli arriderà probabilmente quel favore del pubblico internazionale sulla cui misura è confezionato.

(Luigi Bini, Attualità Cinematografiche)

 

 

Luca Biscontini