Stasera in tv Ninotchka di Ernst Lubitsch, con Greta Garbo

Stasera in tv su TRV San Marino (canale 831 DT) Ninotchka, un film del 1939 diretto da Ernst Lubitsch, tratto dall’omonimo dramma di Melchior Lengyel. Nel 1957 viene girato, sotto forma di musical, un remake del film dal titolo La bella di Mosca, con Fred Astaire nel ruolo di Leon e Cyd Charisse nel ruolo di Nina. Si tratta di una delle commedie romantiche più celebri di Lubitsch, dove l’evidente anticomunismo dell’opera è solo un pretesto narrativo messo in atto dal regista ai fini della storia (alla fine Ninotchka non rinuncia ai suoi ideali socialisti per abbracciare l’occidente capitalista, ma solo per scelta personale in virtù dell’amore). Dopo l’iniziale uscita nelle sale, nel dopoguerra il film venne proibito in molti Paesi europei a causa della critica alla Russia sovietica e alla messa in ridicolo del comunismo. In Italia, si poté vederlo solo alla fine della seconda guerra mondiale, distribuito in sala l’8 marzo 1946. Nel 1988, il film risultava ancora proibito in Finlandia. Con Greta Garbo, Melvyn Douglas, Felix Bressart, Sig Rumann.

Trama
Tre agenti russi, a Parigi per vendere dei gioielli per conto del governo, si fanno sedurre dalla vita parigina e dalle manovre di Léo (Douglas), l’avvocato che patrocina la causa dell’ex proprietaria dei gioielli, requisiti durante la rivoluzione. Per rimettere a posto le cose Mosca invia l’incorruttibile Ninotchka (Garbo) che dopo un po’ si lascerà corrompere dall’amore per Léon. Film memorabile. “Il vostro piano quinquennale mi interessa da almeno dieci anni” dice Douglas alla Garbo appena s’incontrano. Da antologia la scena del ristorante. Douglas racconta barzellette e la Garbo seria. Douglas cade dalla sedia e la Garbo ride.

“Va notato anzitutto che Ninotchka, proibito in qualche paese nell’immediato dopoguerra per timore di turbamenti dell’ordine pubblico, non è certo un film anticomunista. S’iscrive se mai nella lunga serie di film hollywoodiani che verso la fine degli anni Trenta, magari in vista della prossima alleanza, tentano maldestri approcci con l’Unione sovietica e al tempo stesso ne prendono le distanze: fra Tovarich, insomma, e i film filorussi del decennio successivo (Song of Russia, Days of Glory, The North Star, ecc.). a ben vedere il fatto che Ninotchka sia comunista non è poi determinante: potrebbe trattarsi benissimo di una donna d’affari americana, convertita da un viveur parigino alle delizie del dolcefarniente. Quello che conta è il modo della ‘conversione’, che non si basa di una scoperta della sessualità (Ninotchka, chiaramente, non ha nulla da imparare su questo piano) e nemmeno sulle insidie della haute couture (anche se l’acquisto del cappellino è importante). Nella scena della trattoria, che è il vero cardine o ‘spartiacque’ della vicenda, Léon costringe finalmente Ninotchka a ridere. ‘Di che cosa’, chiede Ninotchka. Di niente, risponde Léon: ‘Dell’intero, ridicolo spettacolo della vita. Della gente che è così seria. Che si dà tanta importanza. Se non riesce a pensare a nient’altro, può sempre ridere Lei di me'”.
(Guido Fink, Ernst Lubitsch, La Nuova Italia, Firenze 1977)

“Garbo laughs! (come recitava il celebre slogan promozionale del film): Ninotchka è probabilmente l’opera più nota di Lubitsch, proprio grazie all’interpretazione della diva svedese, alle prese con una commedia, una rarità nella sua filmografia. Il regista gioca sapientemente con l’icona Garbo, prima parodiandola e poi reinventandola. Momento di cesura è la scena in cui Nina scoppia all’improvviso a ridere: la burocrate russa, imperturbabile fino a quel momento, si abbandona a una risata tanto spontanea quanto liberatoria che ne ridefinisce peculiarità caratteriali e drammaturgiche. Nina, inizialmente una versione accentuata ai limiti della caricatura dell’algida freddezza nordica della sua interprete, diventa una donna innamorata e piena di vita, ma anche impacciata e buffa (come quando cerca di convincere le inservienti del bagno delle donne a scioperare). Perfetta protagonista, quindi, di una commedia romantica dal ritmo indiavolato, dalla straordinaria inventiva comica e dalla sempre pungente ironia, che prescinde da qualsiasi pretestuosa lettura antisovietica o pro-capitalista. La descrizione grottesca della società russa e dei suoi dettami è funzionale a mettere alla berlina un mondo austero e arcaico, fondamentalmente anaffettivo. Sceneggiatura di Charles Brackett, Walter Reisch e Billy Wilder. Nel 1957 ne è stato girato un remake, La bella di Mosca, con Fred Astaire e Cyd Charisse”.
(LongTake)

 

Luca Biscontini