Stasera in tv su Rai 4 alle 23,35 Memorie di un assassino di Bong Joon-ho

Stasera in tv su Rai 4 alle 23,35 Memorie di un assassino, un film del 2003 co-scritto e diretto da Bong Joon-ho. La pellicola è l’adattamento cinematografico dell’opera teatrale Come to See Me di Kim Kwang-lim, ispirato alla storia vera del primo assassino seriale coreano conosciuto, attivo fra il 1986 e il 1991 a Hwaseong, nella provincia di Gyeonggi. Considerato uno dei migliori film sudcoreani degli anni 2000, è stato un successo strepitoso in patria con oltre cinque milioni di spettatori e vincitore di svariati riconoscimenti in festival cinematografici internazionali, fra i quali San Sebastian, Tokyo e Torino. In Italia il film è uscito direct-to-video il 29 maggio 2007 ed è stato riproposto al cinema dal 13 Febbraio 2020. Con Kang-ho Song, Kim Sang-kyung, Kim Roeha, Song Jae-ho.

Trama
1986: una giovane donna viene rinvenuta stuprata e uccisa nei pressi di un villaggio di provincia. Un paio di mesi dopo si susseguono altri stupri e omicidi in circostanze simili. Il detective locale, Park Doo-man, viene coadiuvato da Seo Tae-yoon, giunto appositamente da Seoul, ma le indagini non decollano.

Grazie all’exploit agli Oscar di Parasite, possiamo vedere in sala anche in Italia, con diciassette anni di ritardo, l’opera seconda di Bong Joon Ho. Da fatti reali di cronaca nera di una quindicina d’anni prima, il regista trae un meraviglioso noir sulla logorante ricerca, sempre frustrata, dell’identità di un feroce serial killer, macchiatosi di un’impressionante serie di stupri e omicidi di giovani donne, avvenuti nel 1986 nella provincia rurale del Gyunggi.

Girato quasi tutto in notturna o in ambienti chiusi, Memorie di un assassino è uno di quei film che riesce magistralmente a fondere sdrammatizzazione (i detective pasticcioni e spesso sopra le righe) con momenti di raggelante realismo, precipitando progressivamente lo spettatore in un vortice di cattiveria ma anche di introspezione nella psiche di tutti i protagonisti in campo, siano essi assassini o presunti tali, con una sottile ma continua analisi delle varie ipotesi investigative che si riveleranno un autentico ginepraio da cui sembra impossibile uscire.

Bong Joon Ho all’opera seconda, si dimostra già abilissimo narratore, capace di tenere avvinto lo spettatore per condurlo per sentieri inediti, come in Parasite, sorprendendolo con svolte inattese e inchiodandolo con una gestione del ritmo da manuale. Con una regia elegante riesce a creare atmosfere noir particolarissime e a rendere con precisione angosciante le scene di suspense, costruendo un poliziesco tanto spietato quanto stratificato, tanto disperato quanto ironico e irriverente, essendo l’ironia un elemento irrinunciabile di tutte le sue opere. Merito di una sceneggiatura perfetta in grado di amalgamare magistralmente il tortuoso decorso delle indagini, lo sviluppo dei personaggi e il confronto tra le diverse personalità degli investigatori, nonché i dialoghi del detective con la fidanzata (Jeon Mi-seon ) e uno spaccato socio-culturale della Corea del Sud rurale degli anni ’80. Merito anche di una splendida fotografia (di Kim Hyung-ku) che immortala in immagini di rara bellezza il paesaggio bucolico. Un film nel complesso di agghiacciante bellezza.

 

 

Luca Biscontini