Darlin’ di Pollyanna McIntosh

Nel 2009 la bellissima attrice e modella scozzese Pollyanna McIntosh veste per la prima volta i panni di una terrificante donna cannibale in Offspring di Andrew van den Houten, trasposizione cinematografica del favoloso romanzo omonimo dello scrittore americano Jack Ketchum. La ritroviamo poi, due anni dopo, protagonista indiscussa, nello stesso ruolo, nel sequel di Offspring girato da Lucky McKee, The Woman. La McIntosh è bravissima a calarsi nei panni di una donna selvaggia che ha sempre abitato nella foresta, vivendo, cacciando e nutrendosi proprio come un animale, per interpretare la quale spoglia i suoi panni generalmente molto eleganti per vestirsi di stracci ed andare in giro sporca e scalza proprio come una donna della pietra. Il film ottenne molti riconoscimenti, rendendo il personaggio interpretato da Pollyanna una sorta di icona, anche per il modo in cui si libera dai suoi carcerieri, spargendo sangue a fiotti come avrebbe fatto una bestia selvaggia, senza remore né morale alcuna. Nel 2018, a soli 72 anni di età, lo scrittore Jack Ketchum passa a miglior vita, e Pollyanna, che gli è ancora, evidentemente, molto grata, decide di omaggiarlo dedicandogli un film che scrive, dirige ed interpreta: Darlin’, seguito ideale di The Woman, che esce nelle sale a marzo del 2019, e che lei descrive come “un film horror dalle tematiche sociali”, come, a ben guardare, era già stato anche The Woman. Se nel film di McKee era la famiglia tradizionale americana ad essere destrutturata pezzo per pezzo, togliendole pian piano tutte le sovrastrutture e le maschere e mostrandocene il putridume più nero e puzzolente, portando la cannibale a diventare vittima ed eroina e i membri della perfetta famigliola i veri mostri, nell’opera della McIntosh è invece la Chiesa ad essere presa di mira, ma lo si farà in modo meno sovversivo, più banale, secondo cliché visti e rivisti ed ormai fin troppo abusati per risultare interessanti o perturbanti.

Due donne selvagge, sporche e scalze, si trovano di notte davanti ad un ospedale: la donna adulta accompagna la ragazzina all’ingresso, dove la lascia per poi tornare indietro. La giovane si spaventa e tenta lei stessa di tornare indietro ma viene investita da un’ambulanza e ricoverata subito. Al suo risveglio la ragazzina, che porta al polso un braccialettino con su scritto Darlin’, manifesta subito atteggiamenti bestiali, mordendo e prendendo a calci chiunque cerchi di trattenerla, eccetto l’infermiere Tony, il quale cerca di comunicarle con dolcezza e non con violenza, conquistandosene, pian piano, la fiducia. La donna più matura, nel frattempo, sta di guardia fuori dall’ospedale, sorvegliando la camera della piccola, che viene stimato dai medici abbia circa 16 anni. Il primario avvisa Tony che Darlin’ non potrà restare lì perché non ha nulla di rotto e non è malata, e siccome non se ne conosce la famiglia e neppure il nome o la provenienza, la giovane viene affidata alle cure della residenza femminile Santa Philomena, gestita dal vescovo locale con l’aiuto di alcune suore, tra le quali sorella Jennifer, che ha il compito di occuparsi di lei. Ma dietro le maniere gentili del vescovo c’è il bieco scopo di sfruttare a proprio vantaggio il ritrovamento della ragazza, per mostrare alla Chiesa il lavoro di evangelizzazione che lui farà su di lei in modo da ricevere sempre più fondi e sovvenzioni. Ma educare Darlin’ non sarà facile come sembra, ed inoltre la donna selvaggia è già sulle sue tracce.

Chi ha visto The Woman ricorderà che quando la donna era riuscita a scappare facendo a pezzi una parte della famiglia del suo carceriere, tre delle figlie dell’uomo, Darlin’, Peggy e Socket Cleek, l’avevano seguita. Ma mentre le altre ad un certo punto si staccano da lei, Darlin’ le rimane sempre accanto, fino a quando, adolescente, la donna la lascia sulla porta dell’ospedale. Ma perché? E perché dopo farà di tutto per riprendersela? Pollyanna McIntosh darà risposta, nel suo film, a questi ed altri interrogativi, anche se lascerà il personaggio della donna sullo sfondo per dare invece maggior risalto a quello di Darlin’, interpretata dalla bellissima attrice Lauryn Canny, che ben regge un ruolo non certo semplice, soprattutto per una giovanissima come lei, dimostrando così di avere stoffa e ponendosi come una sicura promessa del cinema. Al suo fianco, nel ruolo di una giovane suora che ha avuto in passato problemi di alcol e droga, ma che poi si è sinceramente attaccata alla Chiesa ed alla sua missione, troviamo la brava attrice irlandese Nora-Jane Noone, che aveva esordito sul grande schermo nel ruolo impegnativo di una ragazza costretta a stare, suo malgrado, in convento, nel film di Peter Mullan del 2002 Magdalene, e poi divenuta un volto noto dei film di Neil Marshall: è infatti Holly nell’horror claustrofobico The Descent del 2005 ed il Caporale Read in Doomsday del 2008. A questo trittico di donne davvero splendide si affianca una coppia di signori niente male: nel ruolo di Tony, il dolcissimo infermiere che si prende cura di Darlin’ fin dal primo incontro in ospedale, troviamo l’attore, mezzosangue samoano e magiaro, Cooper Andrews, noto soprattutto per il ruolo di Jerry, guardia del corpo e consigliere del Re Ezekiel nella fortunata serie tv AMC The Walking Dead; ad interpretare il viscido e controverso vescovo che dovrebbe prendersi cura di Darlin’ troviamo poi l’attore americano Bryan Batt, perfetto nel calarsi nei panni di un uomo che dietro alla sua faccia pacifica ed alle sue buone maniere nasconde l’animo di un serpente.

Il materiale di partenza era davvero buono, ed è un peccato che la bella e poliedrica Pollyanna non sia riuscita a sfruttarlo come si deve, divenendo vittima dei cliché che hanno fatto affossare la sua storia rendendola piuttosto banale, compreso il suo iconico personaggio, che qui non è così potente come lo era stato invece in The Woman, sebbene nulla si possa dire sulla sua impeccabile prova attoriale. Purtroppo qui la critica alla società per così dire civilizzata, così pungente e dissacrante in The Woman, non esce, ed anzi, nei tentativi che la Donna fa per ritrovare Darlin’ più volte lei stessa si affida a elementi di quella civiltà che tanto sembrerebbe rifuggire: l’ospedale, la pistola, l’auto, il giornale. Lei stessa, Pollyanna, non è più semplicemente la Donna, ma diviene, in maniera decisamente più civilizzata, la Signora. La fiacca e trita critica all’istituzione religiosa cristiana, colpevole di aver estromesso il Femminino dai Misteri Sacri, non ha né mordente né vigore, e se inizialmente la figura del vescovo pareva essere interessante per quell’alone di sacralità che la circondava, molto presto viene relegata in mezzo alle altre mille figure di religiosi pedofili, corrotti, donnaioli, che nulla hanno a che vedere con la morale della fede che professano. Tanti, troppi, tutti uguali, per destare ormai qualsivoglia emozione che non sia la noia. E sebbene la McIntosh si riallacci alla fine di The Woman per il suo film, purtroppo quella potenza che usciva dal catartico bagno di sangue finale del film di McKee qui è completamente assente. Il finale stesso di questa pellicola, con la decisione ribelle di Darlin’ nei confronti dell’istituzione-chiesa ma non solo, appare piuttosto incomprensibile, vacuo, e lascia interdetti, mostrando quella che si potrebbe definire una vera e propria ingenuità di scrittura se paragonata alle mille sfaccettature che tratteggiano l’universo ketchumiano. La stessa McIntosh, sebbene sempre molto brava a caratterizzare il suo personaggio, qui sembra non sapere bene che strada far intraprendere alla Donna selvaggia, rendendola nettamente meno spaventosa e convincente di quanto non lo fosse stata nei due capitoli precedenti della trilogia. La sua decisone stessa di affidare Darlin’ alle cure di quegli uomini che lei usualmente usava come pasto fa quasi sorridere tanto è irreale, e ci si chiede se il buon materiale di partenza non si fosse potuto usare in maniera meno ridondante, dandogli una forma più coerente a quelli che erano stati i film precedenti ed all’universo orrorifico e disturbante dei romanzi di Ketchum.

La nostra bella Pollyanna paga quindi lo scotto della sua inesperienza in fatto di scrittura, che per un progetto così impegnativo come la conclusione di una trilogia molto amata dal pubblico, poteva e doveva essere affidata a qualcuno con maggior competenza. Darlin’ patisce una sceneggiatura priva di qualsiasi mordente, infarcita di topoi e di un vuoto ed esteriore femminismo di denuncia, pletorica, ampollosa fino alla prolissità, ma sbrigativa nel tratteggiare i personaggi ed i loro substrati, rendendoli, oltre che banali, a tratti quasi macchiettistici. Questo debutto alla regia ed alla scrittura di Pollyanna McIntosh quindi non è nulla di memorabile, ed anzi, talvolta pecca di presunzione, ma c’è comunque da riconoscervi dietro la buona volontà e soprattutto l’amore che l’attrice ha dimostrato per quel Jack Ketchum che l’ha portata alla notorietà cinematografica molto prima che sbarcasse nel grande circo di The Walking Dead. Purtroppo, però, Darlin’ risulta un fallimento sia come parte conclusiva di una trilogia, sia anche come film a se stante, proprio a causa dell’accozzaglia che vi è stata riversata all’interno, senza saper sbrogliare bene il bandolo di una matassa che, se trattata con maggior cura, avrebbe potuto essere plasmata in maniera ben più interessante ed angosciante, lasciando anche, volendo, quel fondo di denuncia alle istituzioni cattoliche, alla sanità americana ed alla società civilizzata in generale. Il film si fa comunque seguire fino alla fine, senza risultare mai noioso, e con una buona dose di sequenze gore, ma rientra in quel gruppo di pellicole che una volta spento il televisore non ti lasciano addosso assolutamente nulla, esattamente all’opposto di The Woman, film di una crudezza tale da rimanere attaccato addosso per sempre.   https://www.imdb.com/title/tt8396294/

 

Ilaria Monfardini