Do Ut Des: cinquanta sfumature di Emanuelle

Con un titolo il cui significato, dal latino, è “Io do affinché tu dia”, apre tirando in ballo una ragazza mezza nuda in giro per strada Do Ut Des, diretto dal Dario Germani che, autore degli horror Antropophagus II e The Slaughter – La mattanza, è in questo caso affiancato al timone di regia dalla Monica Carpanese che fu attrice nel primo dei due film citati; come pure la Shaen Barletta qui presente in un ruolo minore.

La Monica Carpanese anche sceneggiatrice della circa ora e mezza di visione che ci porta subito a conoscenza dell’imprenditore di successo Leonardo alias Gianni Rosato, padre della giovane Giulia interpretata da Miriam Dossena e che s’invaghisce della studentessa universitaria e modella part time Francesca, ovvero Ilaria Loriga.

La Francesca che, grazie anche a fugaci flashback, intuiamo essere diffidente nei confronti degli uomini a causa di un tormentato passato; man mano che ci si immerge nell’universo del glamour e della bellezza femminile efficacemente reso con pochi mezzi e sfoggio di un’ottima fotografia – a cura dello stesso Germani – trasudante filtri colorati.

Anticipando lo spostamento d’ambientazione ad un anno più tardi, quando nella vita del protagonista entra la scrittrice Emanuelle da volto di Beatrice Schiaffino e la narrazione, inizialmente veloce, comincia a rallentare per condurre lentamente in un gioco sadico legato ad un esperimento sulla sessualità che la donna sta portando avanti. Perché, con Luca Avallone calato nei panni di Michael, amico di Leonardo, Do Ut Des potrebbe essere tranquillamente sintetizzato, in maniera frettolosa, come un omaggio allo stracult Emanuelle e Françoise (Le sorelline) di Joe D’Amato e Bruno Mattei ai tempi di Cinquanta sfumature di grigio.

Ma, sebbene non manchino durante il semplice e lineare svolgimento corpi generosamente svestiti, rapporti saffici e abusi psico-fisici, nell’assistervi è facile avvertire che il suo intento sia tutt’altro che quello di apparire in qualità di mero prodotto a base di sexy exploitation.

Non a caso, pur rientrando a pieno titolo nel filone dei revenge movie con vendicatrice in gonnella, Do Ut Des non spinge eccessivamente sul pedale delle brutalità esplicite e, ulteriormente complice un epilogo non troppo pessimista, suggerisce la propria volontà di presentare in fotogrammi una denuncia nei confronti della violenza di genere… rivelando passo dopo passo i retroscena della torbida vicenda portata in scena.

 

 

Francesco Lomuscio