Mimì. Il principe delle tenebre: guaglioni perduti

Figlio e nipote d’arte, sulle orme di nonno Vittorio e di papà Christian (per non parlare dello zio Carlo Verdone) Brando De Sica, dopo tanta esperienza acquisita nella regia di corti, decide di compiere un passo importante e realizza il suo primo lungometraggio poggiando su una trama di non facile approccio nel panorama italiano, ovvero una storia a tinte horror in un contesto del tutto partenopeo.

Tratto da un proprio soggetto, porta quindi sul grande schermo Mimì. Il principe delle tenebre, racconto di presunti vampiri nella Napoli odierna che ci trascina nella piccola pizzeria del capoluogo campano dove lavora un giovane di nome Mimì (Domenico Cuomo), nato con i piedi deformi e poco incline al dialogo, ma noto a tutti per essere un dei migliori nel suo campo professionale.

Una sera fa la conoscenza della bella Carmilla (Sara Ciocca), ragazza vista con un gruppo di loschi figuri locali, la quale dice di essere una discendente del conte Dracula. Affascinato dai suoi discorsi, Mimì decide di vivere un’esperienza unica con lei, documentandosi sulla natura dei vampiri e avvicinandosi sempre più a prendere la decisione di diventare uno di essi. Una sorta di amore oscuro si instaura tra Mimì e Carmilla, ma fare i conti con la realtà li porterà in situazioni al di là del pensabile. Quindi, sebbene la sua famiglia rientri tra quelle note in tutta Italia per aver fatto la storia nel campo della leggerezza e dell’intrattenimento in fotogrammi, Brando De Sica spiazza tutti con Mimì. Il principe delle tenebre, regalando un’opera che definire dark è riduttivo; mentre omaggia l’universo dei succhiasangue per eccellenza (soprattutto il Nosferatu di Friedrich Wilhelm Murnau) e prosegue il proprio racconto affrontando la tematica in maniera maggiormente veritiere e credibile, un po’ come avvenne nel noto Lasciami entrare di Tomas Alfredson. Quasi un Ragazzi perduti in salsa partenopea.

Ma attenzione: Mimì. Il principe delle tenebre non è horror vero e proprio, o almeno non lo è nel senso che tutti conosciamo. Ci troviamo dinanzi ad un film che rivela l’occhio di un autore capace di ampliare l’impatto italiano trascinando lo spettatore in una vicenda che si gonfia di fotogramma in fotogramma, per poi sfociare in autentica violenza da cinema strettamente di genere, tanto che non mancano momenti splatter e sanguinolenti. In un primo momento sorge spontaneo associare l’operato di De Sica a quello del collega Gabriele Mainetti, autore di Lo chiamavano Jeeg robot e Freaks out, in quanto entrambi sfruttano l’elemento italiano per metterlo al servizio di una vicenda dal tocco internazionale.

Ma siamo comunque di fronte ad un esordio dietro alla macchina da presa di notevole impatto, originale nella visione registica e sorretto da un gruppo di giovani interpreti notevoli, con i bravi Cuomo e Ciocca a guidare l’intera vicenda in maniera altamente convincente. Mimì. Il principe delle tenebre è dunque un piacevole prodotto che miscela contesto sociale tricolore a sguardi di genere con fare più che diligente (notevole la scelta di utilizzare Quei giorni insieme a te di Ornella Vanoni, colonna sonora di Non si sevizia un paperino di Lucio Fulci), testimoniando tutto il sapere del suo giovane autore in fatto di Settima arte e di determinate realtà nostrane. Autore che riesce ad amalgamare entrambi gli aspetti con sottile professionalità e bravura.

 

 

Mirko Lomuscio