Mondospettacolo incontra Robert Madison, protagonista dell’horror pandemico Abisso nero

Il giorno 1 Giugno 2021 è stato proiettato presso il Nuovo Cinema Aquila di Roma Abisso nero, horror pandemico che, diretto da Ronald Russo (all’anagrafe Gaetano Russo), in attesa di ottenere una distribuzione ufficiale nelle sale è stato anche presentato nel 2020 nell’edizione online del Fantafestival.

Ne abbiamo approfittato per intervistare il protagonista Robert Madison, immerso in una trama a base di virus zombesco che, paradossalmente, ha anticipato la drammatica situazione mondiale dovuta alla diffusione del Covid-19.

(Photo credits: Cristina Caremoli)

 

Ciao Robert, nome americano, ma, come sappiamo, in realtà tu sei nato a Roma…

Sì, sono nato a Roma e, nonostante io porti nome e cognome americani, mi sento italianissimo. Sono cresciuto qui con mamma italiana, mi sono laureato a Roma. Ho fatto la maggior parte dei miei lavori come attore in Italia. Quindi, non ci sono dubbi… mi sento italiano anche se ho doppio passaporto e sono bilingue per via di papà.

 

Tra l’altro, sei figlio d’arte…

Mio padre era una movie star americana, Guy Madison. Venne in Italia nel 1960 in occasione dei mondiali di nuoto a Roma, perché era appassionato di quello sport e, poi, si trattenne nel nostro paese per dodici anni buoni. All’epoca molti attori americani, attratti dal nostro paese e dal nostro cinema, decisero di intraprendere una carriera nell’industria della Settima arte italiana ed europea. A Cinecitta negli anni Sessanta si producevano tra i duecentocinquanta e i trecento film all’anno. Mio padre fece il suo primo film in Italia nel 1960 : La schiava di Roma, con l’attrice Rossana Podestà. Era così affascinato dalla Dolce Vita che decise di rimanere qui. Poi, purtroppo, lui si separò da mia madre nel 1972. Io avevo cinque anni. Il rapporto tra me e lui si è fortificato dopo la mia maggiore età. Curioso il fatto che la sceneggiatura del film di Quentin Tarantino C’era una volta a… Hollywood sembra si sia ispirata proprio alla storia di mio padre. Il personaggio di Leonardo Di Caprio, Rick Dalton, è molto simile a quello reale di Guy Madison. Sicuramente, il regista ha seguito molto gli attori americani che in quegli anni si trasferirono in Italia per girare film di azione se spaghetti western. Sto cercando di trovare il modo per parlare con Quentin Tarantino. Prima o poi ci faremo una chiacchierata. Sono convinto che apprezzerebbe i vari aneddoti che gli potrei raccontare.

 

Puoi parlarci un po’ del personaggio che interpreti in Abisso nero, che ti vede protagonista?

È un personaggio di cui mi sono innamorato subito, fin dalla prima lettura. Marco, il personaggio che interpreto, vive una vasta gamma di emozioni e sentimenti: dalla dolcezza e l’amore che prova verso la moglie Sonia e la figlia Angy alla pazzia, psicopatia, disperazione. Ha momenti nei quali arriva ad essere molto cattivo e sadico, complice di Sonia, ormai diventata un mostro fuori controllo. Complice nel senso che egli gode nel vedere sbranare le vittime che le ha procurato narcotizzandole per strada. Poi, dopo averle denudate, le offre con amore alla moglie. Il suo unico scopo è guarire Sonia ed è disposto a tutto per questo.
Comunque, è stata una bella prova da attore. Sul set mi sentivo veramente in forma e in totale connessione col personaggio. Ero sempre pronto a vivere le forti emozioni di Marco.

 

Inoltre sappiamo che il vostro film è stato realizzato prima che esplodesse l’emergenza da Coronavirus tanto che sembra averlo anticipato…

Il film è stato girato tra la fine del 2018 e l’inizio del 2019. La sceneggiatura è stata scritta addirittura quattro anni prima dell’inizio delle riprese. Mi dispiace che il film, uscendo in sala soltanto adesso, in piena pandemia, possa far pensare che sia stato realizzato ispirandosi al nostro drammatico periodo storico. La verità è che è stato messo in piedi due anni e mezzo fa, quando non si pensava assolutamente a quello che di lì a poco sarebbe successo a livello globale.

 

Quale è stata per te la sequenza più difficile da affrontare?

La sequenza più difficile è stata quella nella quale Marco deve esprimere tutta la sua sofferenza e disperazione con una sola espressione. Mi sono allora ispirato al momento de Il padrino parte III (ho fatto addirittura una figurazione speciale, per non dire comparsa, in questo film nel 1989) in cui Michael Corleone (Al Pacino) assiste all’omicidio della figlia, che poi le muore fra le braccia sulla scalinata del Teatro Massimo di Palermo. Egli allora, preso dal forte dolore, scoppia in un disperato pianto sordo, spalancando la bocca, con tutti i muscoli del viso e del collo sotto una tensione e pressione estrema. Talmente forte è il dolore che, addirittura, da questo pianto non esce nessun suono. È stato molto emozionante vivere quella emozione.

 

Hai cominciato giovanissimo a fare l’attore e hai lavorato con tanti grandi registi, da Luciano Emmer a Pupi Avati, passando per Dario Argento. Hai qualche aneddoto curioso da raccontare?

Sì, ho avuto la fortuna di lavorare con grandi registi nel cinema, ma anche in teatro. Ricordo con enorme affetto il grande Peppino Patroni Griffi, il quale mi ha diretto in un Cyrano de Bergerac strepitoso e memorabile. Uno spettacolo che ha superato le duecentocinquanta repliche nelle due stagioni 1999/2001. In quello spettacolo ho avuto la fortuna di interpretare il ruolo di Cristiano. Il mio aneddoto è questo: quando il bravissimo regista Pupi Avati per il film La seconda notte di nozze mi scelse per il ruolo di Enzo Fiermonte (personaggio realmente esistito), famoso pugile diventato poi attore e regista di cinema, io frequentavo la palestra di pugilato Fiermonte Boxe, diretta da suo nipote Stefano Fiermonte. Ricordo che ero in piena forma grazie all’addestramento di Stefano. In definitiva, quando venni scelto da Pupi per il film andai da Stefano e gli dissi: “‘a Ste’.. lo sai che devo fare tuo zio Enzo in un film?”. Questo episodio è rimasto storico per noi. Lo citiamo spesso quando ci vediamo. Tra l’altro il film ebbe un grande successo e partecipò al Festival di Venezia, dove sono stato invitato e ho vissuto la bella emozione del red carpet insieme a Pupi, Antonio Albanese, Neri Marcoré e Katia Ricciarelli. Bella esperienza veramente. Un altro aneddoto che mi fa piacere ricordare è quello che riguarda Giorgio Capitani, con il quale ho fatto il Maresciallo Rocca (in cui ho avuto la fortuna di lavorare spalla a spalla con Gigi Proietti) e Papa Luciani. Ebbene Capitani diresse mio padre nel 1963 nel film Rosmunda e Albuino. Mi emozionò pensare che il regista che aveva diretto mio padre stava in quei momenti dirigendo me. Idem per Enzo Castellari, che ha diretto sia mio padre (Sette Winchester per un massacro, 1967) che il sottoscritto (Forever blues, 2004, diretto in realtà da Franco Nero, ma Castellari venne sul set e girò un paio di scene con il suo grande amico e compagno di tanti bei film).

 

Quale consiglio daresti ai giovani che desiderano intraprendere il mestiere di attore?

Il consiglio che voglio dare ai giovani attori è quello di studiare e formarsi per bene. Io ho fatto il possibile per formarmi al meglio e non si finisce mai di formarsi. Oltre a frequentare la scuola di teatro e tanti laboratori di studio di recitazione, sia qui in Italia che negli Stati Uniti, mi sono persino laureato a Roma Tre in Lettere settore spettacolo e Comunicazione (oggi chiamata Scienze della Comunicazione). Sappiamo che ci sono tanti esempi di personaggi famosi che non hanno formazione o ne hanno poca e che fanno addirittura film e fiction. Il mestiere dell’attore è, appunto, un mestiere e, come tale, richiede formazione, studio e una sana gavetta. Io credo fermamente che il duro lavoro, alla fine, ti ripaga e tanto.

 

Quale è il ruolo dei tuoi sogni che ti piacerebbe interpretare?

A me piacerebbe interpretare un ruolo della portata di Travis, il Robert De Niro del Taxi driver di Martin Scorsese. In un certo senso, nel nostro film Abisso nero ci sono delle similitudini tra il personaggio di Marco e quello di Travis, soprattutto nel loro essere giustizieri. Poi, sembrerà strano, ma me ne morirei per fare una sit com sulla linea di Friends, un prodotto che ho tanto amato.

 

Alex Cunsolo