Recensione: Maria per Roma, turismo e delusioni nella Capitale

Maria per Roma

Maria per Roma è il racconto di una giornata di “ordinaria amministrazione”, vissuta tra il sogno di diventare attrice e la necessità di guadagnare come key holder. Il risultato finale però lascia perplessi.

24 ore in compagnia di Maria (per Roma)

In Maria per Roma l’omonima protagonista (Karen Di Porto) vorrebbe diventare attrice e vivere di questa stupenda arte. Sfondare però non è affatto semplice: la scuola di teatro e i mille provini non bastano a garantirle il tanto agognato successo. Ecco perché lei, appartenente ad una ricca famiglia ormai caduta in disgrazia, lavora come key holder: attende i turisti che ogni giorno arrivano nella Capitale e li fa accomodare negli appartamenti che hanno prenotato su internet. Non che tutto scorra liscio, ovviamente: la vita di Maria è fatta di sacrifici, di corse continue in motorino sempre in compagnia della sua fedelissima cagnolina Bea, di provini e porte sbattute in faccia. I rapporti interpersonali non vanno meglio: l’amato padre (Cyro Rossi) è morto, la mamma (Paola Venturi) non accetta il suo stile di vita confusionario e un aspirante fidanzato (Andrea Planamente) è talmente timido e bloccato da non riuscire nemmeno a dichiararsi. Le 24 ore immortalate dalla pellicola raccontano tutto questo in immagini: a ciascuno spettatore, poi, spetta il compito di osservare e fare le proprie riflessioni.

Realizzazione personale: solo utopia?

Maria per Roma è un film lineare: l’unica vera protagonista (nonché regista) viene seguita per un’intera giornata, dal momento in cui si sveglia fino a quello in cui va a dormire. Nel mezzo viene raccontata la frustrazione di tanti sogni infranti, il tran tran dei turisti (che appaiono come il vero motore di Roma) e la vita delle tante persone con cui viene a contatto Maria – da una mamma commerciante e un po’ snob ad uno spasimante che recita il ruolo di Gesù Cristo tra gli artisti di strada. Gli attori assolvono all’unico compito che va davvero portato a termine: dimostrare quant’è difficile sbarcare il lunario e sentirsi realizzati con ciò che si fa ogni giorno. A prescindere dalle aspirazioni di ciascuno, questo rappresenta un punto in comune nel quale potrà rispecchiarsi anche lo spettatore: la vita spesso è in salita e il più delle volte sono prepotenze e raccomandazioni ad avere la meglio. Maria cerca di non arrendersi e la figura del padre defunto la aiuta a tenere sempre la testa alta. La ragazza cerca di ricordare e mettere in pratica i consigli che lui gli ha dato ma scontrarsi con la realtà è tutt’altra cosa.

[metaslider id=58034]

L’idea c’è ma lascia tiepidi

In Maria per Roma è impossibile non simpatizzare per la protagonista, rappresentata nel modo più umano possibile. Ciò che delude, però, è la mancanza di un punto di svolta. Le 24 ore rappresentate nel film appaiono come una sorta di documentario antropologico nel quale trovano spazio personaggi più o meno credibili ripresi sempre nella loro quotidianità. Insomma, si tratta di un vero e proprio spaccato di vita che però rischia di lasciare “tiepido” lo spettatore. Bellissimi gli squarci di Roma, vero e proprio regalo fatto al pubblico. Forse però poteva essere dato qualcosa in più sotto l’aspetto del ritmo o sotto quello dei personaggi, i quali il più delle volte appaiono accennati e non riescono a creare empatia. Stesso discorso per i fatti, che si susseguono in modo consequenziale ma fine a se stesso. A Karen Di Porto va riconosciuto senza dubbio il merito di aver avuto un’idea (soprattutto in virtù del fatto che si tratta di un’opera prima, nella quale cura sia regia che sceneggiatura), ma al tempo stesso le va attribuita la pecca di non averla realizzata nel migliore dei modi.

Maria per Roma è stato presentato al Festival del cinema di Roma 2016 ed è nelle sale italiane dal 9 giugno 2017, distribuito da Bella Film.

Voto 4.5

di Raffaella Mazzei