Recensione: Come un gatto in tangenziale, ieri, Bastogi e domani

Se, sempre diretta dal compagno Riccardo Milani, nel 2014 aveva vestito in Scusate se esisto! i panni di un architetto donna alle prese con un progetto di riqualificazione del tutt’altro che lussuoso complesso di periferia romano del Corviale, è in quelli di una ex cassiera residente nell’altrettanto degradata borgata capitolina di Bastogi che troviamo Paola Cortellesi in Come un gatto in tangenziale.

Una Paola Cortellesi coattissima e decisamente funzionale, la cui strada è destinata ad incrociare quella di un intellettuale impegnato e profeta dell’integrazione razziale che vive nel centro storico della Città Eterna incarnato da Antonio Albanese, in quanto la figlia tredicenne di lui Alice Maselli si fidanza con il figlio di lei, ovvero Simone De Bianchi.

Con i due genitori interessati a far terminare la appena nata storia d’amore, infatti, è la sempreverde tematica dell’incontro-scontro tra due diverse classi sociali a fare da motore della oltre ora e mezza di visione, che segna il ritorno in coppia dei due protagonisti di Mamma o papà?, precedente, indigeribile fatica milaniana.

Fatica dai cui disastrosi esiti, fortunatamente, questa prende del tutto le distanze, consentendo allo spettatore di sprofondare in sane risate fin dal primissimo impatto con la famiglia della donna; le cui esilaranti sorelle gemelle, piuttosto in sovrappeso e cleptomani, si chiamano grottescamente Pamela e Sue Ellen come i due personaggi femminili del popolare telefilm Dallas (!!!).

Sorelle gemelle che, oltretutto, regalano una divertente conversazione telefonica con la giornalista e conduttrice televisiva Franca Leosini, rivelando la capacità da parte del regista di scovare caratteri indispensabili alla comicità di matrice romana, dei quali fa parte anche il carrozziere Alvaro, che non avrebbe affatto sfigurato in una pellicola di Carlo Verdone.

E, mentre ci si chiede se l’Italia sia un paese che ha dimenticato il senso etico e non manca neppure un chiaro attacco verbale nei confronti delle banche, responsabili di concedere prestiti di denaro soltanto a chi già ne possiede, l’efficace gioco dei contrasti include anche un confronto tra una giornata al mare nella caotica Coccia di Morto e una sulla fin troppo tranquilla spiaggia di Capalbio.

Senza contare quello tra un cinema sovraffollato e un altro in cui viene proiettato un film francese in lingua armena, dispensando gli ulteriori momenti da ridere insieme alla breve parentesi che trova coinvolto un rozzissimo Claudio Amendola pregiudicato.

Man mano che viene suggerito che ognuno deve trovare la propria strada, in quanto non è detto che le vite siano segnate dalla nostra nascita e dai nomi che portiamo… e che l’impressione di trovarci dinanzi ad una delle migliori commedie del 2017 è confermata, infine, dall’evidente tentativo di ribadire con leggerezza – complice oltretutto una Sonia Bergamasco tollerante solo a parole ed ex moglie del protagonista – l’importanza della comunicazione diretta tra ceti decisamente distanti, per rendere migliore l’andamento generale di una qualsiasi società.

Francesco Lomuscio