The midnight sky: un George Clooney apocalittico per chiudere il 2020

Diretto da George Clooney, che si ritaglia anche il ruodo di protagonista, The midnight sky è un thriller fantascientifico post-apocalittico disponibile sulla piattaforma Netflix. Cast superbo e grandi effetti speciali per una storia degna di questo distopico 2020, senza volerlo sembra quasi aver anticipato le ansie del Natale in lockdown.

Adattato dal romanzo di fantascienza post-apocalittico best seller del 2016 di Lily Brooks-Dalton, The midnight sky è un emozionante dramma spaziale che vede decisamente George Clooney essere in vantaggio nel ricavare interesse in un film che lascia ben poco spazio alla speranza. Sebbene ad onor del vero, alcune soluzione della storia (anzi, del romanzo) si siano già viste in precedenti storie vere riportate sullo schermo, come Resta con me , e, a livello di immagini, si avverta l’influenza di Gravity di Alfonso Cuarón, che vide proprioa Clooney tra i protagonisti.

Ma dobbiamo dare atto alla regia dell’attore, che dimostra di di aver imparato bene la lezione, e il film, che ricorda nei toni senza speranza  anche The road ( film del 2009 diretto da John Hillcoat, tratto sempre da un romanzo di grande successo, in quel caso scritto da Cormac McCarthy), funziona davvero. Il best seller di Lily Brooks-Dalton, dunque, non era poi così originale, viceversa tanto di cappello al film diretto da Clooney, che riesce appieno a trasmettere l’ansia e la fine che si avvicina per il pianeta Terra.

Ambientato in un futuro in cui la popolazione della Terra è stata decimata, il lungometraggio è incentrato su un osservatorio artico deserto, dove il famoso scienziato Augustine Lofthouse (George Clooney, che sfoggia una possente barba degna di Babbo Natale e un fisico debilitato appositamente per il personaggio) ha scelto di rimanere indietro dopo un’evacuazione, anche a causa di una grave malattia in fase terminale.

Dopo aver trascorso molto tempo da solo, viene sorpreso nello scoprire di avere un compagno inaspettato: una giovane di nome Iris (ottimo debutto per Caoilinn Springall). Nel frattempo, l’astronave Aether – gestita da un equipaggio che include il capitano Tom (David Oyelowo), Sully (Felicity Jones), Maya (Tiffany Boone), Sanchez (Demián Bichir) e Mitchell (Kyle Chandler) – sta tornando da una missione su un pianeta che Lofthouse ha scoperto da giovane, una sorpredente Luna di Giove abitabile. Ma l’equipaggio, a causa del black out delle comunicazioni terrestri, ignora cosa stia succedente sulla Terra.

Clooney dirige in modo perfetto il suo cast, costruendo le storie dell’equipaggio, della giovane Jones in gravidanza (in verità reale che è stata inserita nella storia). Splendido, poi, il duetto tra l’anziano astronomo e la giovane clandestina trovata nell’osservatorio terrestre, basato più sugli sguardi che i dialoghi. E l’evoluzione della vicenda ci mostra come l’astronomo decida, proprio in virtù di salvare la sua giovane ospite, di avventurarsi in una missione quasi suicida nelle ragione artica, per raggiungere un’altra base dotata di un’antenna di maggiore potenza con cui spera di poter avvisare coloro che ha inviato su Giove (il design dell’astronave, tra l’altro, richiama in un certo senso 2010: L’anno del contatto , diretto nel 1984 da Peter Hyams e tratto dal romanzo del leggendario Arthur C. Clarke).

Tornando a Gravity, un richiamo inevitabile è inoltre nella sequenza dello sciame di meteoriti che colpisce l’equipaggio, durante delle riparazioni esterne, ma sono presenti nel film anche altre valide citazioni e, forse, un momento un po’ troppo esagerato che scoprirete nel corso dell’evoluzione del racconto (ok la parte drammatica, ma sopravvivere ad un tuffo nel mare ghiacciato artico…). La citazione più bella è sicuramente da L’ultima spiaggia, diretto da Stanley Kramer nel 1959.

Ottimi effetti speciali, splendide scenografie in Finlandia, sposate con la bella fotografia di Martin Ruhe e la splendida colonna sonora di Alexandre Desplat fanno il resto. La sceneggiatura, tenuta al minimo sindacale di parole, funziona perfettamente e Clooney sembra a suo modo avere un debole per la fantascienza con la “f” maiuscola, come testimonia anche la sua partecipazione al remake di Solaris. Questa volta l’attore cerca sicuramente il suo riconoscimento nella categoria regia, e, forse, di buon diritto potrà essere candidato all’Oscar nell’anno della pandemia. Anche se, magari, tutti speriamo in un remake diretto da lui de Il ritorno dei pomodori assassini, trash degli esordi che Clooney cerca di dimenticare. Sarebbe il giusto augurio per la fine di questo distopico 2020.

 

 

Roberto Leofrigio