Tully: la dolce(amara) attesa di Charlize Theron

Squadra che vince non si cambia, quindi, dopo aver trionfato nel 2006 con il film Juno (con tanto di premio Oscar per la sceneggiatura) e bissata la propria esperienza personale con Young adult, nel 2011, la coppia formata dal regista Jason Reitman e dalla sceneggiatrice Diablo Cody torna a collaborare insieme, dando vita ad un lungometraggio che mette nel mezzo un’altra figura femminile di spicco, miscelando elementi cari alle due precedenti pellicole (la gravidanza la prima, l’avanzare dell’età la seconda).

Tully è una storia di maternità sofferte e sul filo della crisi esistenziale, capitanata da una Charlize Theron in versione gravida, già protagonista e al servizio della coppia Reitman/Cody nel citato Young adult e che, in questo caso, è dovuta ingrassare trenta chili, in modo da ottenere le forme e i segni tipici delle donne in stato interessante.

Qui è Marlo, madre di due bambini e moglie di Drew (Ron Livingston), prossima a mettere al mondo un terzo figlio, considerando che si trova al nono mese di gravidanza.

Nonostante il lieto evento, la donna sta attraversando un periodo stressante della propria esistenza, che la pone al centro di ogni singolo problema della famiglia, per non parlare dei disagi fisici che le tocca subire per via del pancione.

Una volta partorito, Marlo, però, sente il bisogno di un grande aiuto in casa, quindi suo fratello Craig (Mark Duplass) le consiglia di assumere una tata notturna, un servizio speciale che è una novità nel settore delle neo-mamme: Tully (Mackenzie Davis), una giovane dedita a questo tipo di mestiere e che si rivela essere una manna dal cielo, data la mole di lavoro che svolge tra le mura della casa, mentre tutti dormono.

E tra quest’ultima e la ragazza si instaura presto un rapporto amichevole che va oltre la semplice confidenza, arrivando anche a superare confini esistenziali impensabili.

L’accoppiata Reitman/Cody, quindi, s’impegna ancora una volta a descrivere come si deve un certo universo femminile, qui rappresentato da una gravida Theron in sovrappeso (quindi complice di una performance camaleontica e degna di nota); quello che, però, sfugge è il prendere fin troppo a cuore ciò che si racconta, cercando di rendere la semplice trama emotiva al centro di Tully un concentrato ambizioso di analisi sociale, ma che non riesce fino in fondo ad essere tale.

L’abilità della Cody (almeno quelle poche volte che capita) sta nel saper descrivere i suoi protagonisti con frasi ad effetto e delineare perfettamente determinati confronti con la realtà del quotidiano (in questo caso i problemi a scuola del figlio di Marlo), ma pecca nella voglia di strafare, cercando inutilmente di rendere i suoi scritti migliori di quello che sono.

All’inizio tutto si muove molto piacevolmente nell’opera di Reitman, ma, con l’avanzare della sua interessante trama, le carte si scoprono fin troppo facilmente, semplificando in maniera esagerata il rapporto tra Marlo e la tata Tully (resa da una Mackenzie in parte) e arrivando addirittura a rendersi prevedibile nello scontato finale, che in teoria dovrebbe spiazzare parecchi spettatori.

Non che la visione di un film come Tully sia spiacevole, però da parte di un regista come Reitman sarebbe stata gradita maggior accortezza, affilando magari un argomento come quello delle gravidanze difficili, anziché porlo in secondo piano in favore di una moraletta facile relativa al ritrovare se stessi e le proprie voglie di vivere. Perché di storie così, ormai, se ne sono viste un po’ troppe in giro.

 

 

Mirko Lomuscio