IL PIANETA DEL JAZZ: PAOLO FRESU A PESARO

Fresu Mondo spettacolo

Paolo Fresu é un grande: si sente ancora l’eco dell’evento realizzato da Paolo Fresu a L’Aquila il 6 settembre scorso, allorché oltre 600 musicisti (tra cui Enrico Rava, Gianluca Petrella, Danilo Rea, Enrico Pierannunzi, Flavio Boltro e Maria Pia De Vito, tutti coinvolti a titolo gratuito), decine di palchi allestiti in altrettante location, un centinaio di concerti (dalle 12 fino a mezzanotte ed oltre) hanno fatto de L’Aquila e del suo centro storico, almeno per un giorno, la capitale del jazz tricolore. E’ stato un evento epocale, irripetibile, probabilmente il più alto mai vissuto dal jazz italiano ed uno dei più importanti nella storia della musica italiana.
“Ma quella di oggi non é stata solo una giornata di solidarietà, organizzata per tenere accesi i riflettori sulla ricostruzione aquilana: é stata una sorta di momento di autoscienza, un’iniziativa attraverso cui il jazz italiano avrà modo di riflettere su sé stesso per capire cosa è diventato nel 2015 -ha esordito Fresu commentando l’iniziativa alla stampa.
“E’ stato un modo per ritrovarci tutti assieme. E’ una cosa che andava fatta e andava fatta proprio all’Aquila e proprio in questo momento storico, in cui si sta discutendo molto di cultura. Noi crediamo che la musica che suoniamo abbia un alto valore culturale: se fino a qualche anno fa il jazz poteva sembrare avulso dalla nostra realtà storica e culturale, oggi è parte del nostro DNA. Contarci all’Aquila in questo momento storico, in cui c’è una discussione accesa sui temi della cultura (quanto vale, cosa porta al nostro Paese, quanto può rappresentare per trovare una via d’uscita alla crisi che stiamo vivendo) era importante. Domani ci porremo diversi quesiti e sicuramente qualche risposta ce la porteremo via. Io dico più d’una”- ha precisato alla fine.
A Pesaro Fresu (tromba, flicorno, live electronics) ha suonato sabato 19 settembre, assieme a Bebo Ferra (chitarra), con cui collabora da anni, nel cortile di Rocca Costanza di Pesaro.
Lo ha fatto con grande successo di pubblico, nell’ambito di “Sa die de sa fraternidade”, la festa promossa dall’Associazione culturale sarda “Eleonora d’Arborea” di Pesaro (presieduta da Luigi Lilliu) unitamente a Comune, Amat, Fano Jazz Network (direzione artistica di Adriano Pedini).
I due musicisti hanno suonato quella che Fresu definisce “musica melange”: si tratta di jazz meticciato con altri linguaggi, carico di una straordinaria energia dinamica.
Fresu (Berchidda, 1961) gioca e punta tutto sui dialoghi: punta la tromba e il flicorno verso Ferra (Cagliari, 1962) ed intreccia un fitto duetto, fatto di domanda e risposta, uscendo dal più classico cliché della figurazione del duo, in maniera decisamente sorprendente.
Grazie al suono del flicorno, i brani assumono una liricità intensa, anche se la melodia si avvicina raramente all’originale: Fresu é volto all’invenzione continua, sia quando si abbandona ad un lirismo quieto, sia quando si scapicolla su ritmi più dinamici. Poco importa il titolo del tema.
Ferra é un’ottima spalla: cresce di concerto in concerto andando a conquistare la palma di uno fra i più attenti innovatori di uno stile chitarristico moderno che trova poche altre esemplificazioni a tale livello espressivo e qualitativo.
Insieme hanno suonato temi originali ma anche vecchie canzoni (E se domani, Fellini), non tralasciando Mare nostrum, le cui tematiche, come hanno ricordato, sono terribilmente attuali.
Non conosco il sardo e non ho potuto comprendere le struggenti parole de A Diosa -più conosciuta come No potho reposare- una canzone scritta nel 1920 da Giuseppe Rachel col tempo di mazurka, sulle parole della omonima poesia, composta cinque anni prima dell’avvocato sarulese Salvatore Sini: versi d’amore che un giovane del luogo dedica alla sua innamorata, da tempo entrati a far parte della cultura e della tradizione popolare sarda.
La poesia, com’é noto, é stata cantata da artisti famosi quali Noah, Anna Oxa, Laura Pausini, Mango ma primo fra tutti e nella versione più commuovente, dal grande Andrea Parodi con il formidabile gruppo dei Tazenda.

Paola Cecchini