INTERVISTA A FRANCESCA CORRARO. AUTRICE DEL LIBRO “L’ALTRO LATO DEL SE'”

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Ciao Francesca, “l’altro lato del sé”. Di che genere di romanzo parliamo?

Ciao Alex a te e a tutti i tuoi lettori.

Il mio romanzo rientra in un genere che definirei introspettivo – psicologico. Mi sono ispirata alla teoria del celebre psicologo William James, il quale dichiarava l’esistenza di un sé che deriva da una costruzione personale dell’individuo su se stesso. Egli distingue il sé cosciente e il Me, ovvero – il sé conosciuto attraverso un “Me materiale” e un “Me sociale”. Il “Me sociale” si riferisce alla reputazione ed i riconoscimenti che possono avere gli altri. Poi vi è un “Me spirituale” ovvero gli stati di coscienza e le facoltà psichiche. William James, quindi, definisce l’autostima come il rapporto tra il Sé percepito di una persona e il suo Sé ideale; il sé percepito equivale al concetto di sé, alla conoscenza di quelle abilità che sono presenti o assenti; mentre il sé ideale è l’immagine della persona che vorremmo essere. Su questa teoria – dunque – nasce il personaggio principale: Samira. L’altro lato del sé non è altro che quella parte del nostro essere che lasciamo inespressa che, non solo esiste,bensì condiziona il nostro modo di pensare e di vivere. Ecco che il personaggio di Samira abbandona il suo modo di essere, a causa di una delusione, e vive la vita mediante un modo di fare (Me sociale).

Molto spesso nel testo ricorre l’immagine mistica del cielo stellato. Che valore metaforico hanno le stelle nel percorso del personaggio?

Le stelle hanno il valore degli occhi di chi le guarda. Nel romanzo, la protagonista impara a guardare le stelle proprio da chi, qualche anno dopo, la condizionerà a guardarle con altri occhi. La luce di questi astri illuminano il percorso di questa donna che si lascia condurre dalla loro aria mistica e seducente. Ad un certo punto la parte cinica della sua personalità, che emerge, a causa della delusione, non le permette di ammirare le stelle così, per alcuni anni perdono il loro valore. Solo quando, con la consapevolezza di potersi concedere una seconda opportunità, ella si sdraia nuovamente sulla spiaggia – laddove aveva imparato a guardarle – torna a vederle brillare.

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“Se so sorprenderti, so amarti” e’ il titolo di uno dei capitoli. Credi davvero in questa affermazione anche nella vita privata?

Io credo che quando si ama una persona nasce l’esigenza di renderla felice, o perlomeno provarci. Arrivati ad una certa età, le persone si sorprendono sempre più difficilmente. Chi prova a sorprenderti vuole renderti felice, chi ci riesce lo ha già fatto. Dunque “se so sorprenderti, allora so anche amarti, perché ho trovato il modo per renderti felice”. L’amore è impegnativo, non si ama part-time, è un tuffo sott’acqua, non si può lasciare la testa fuori ed il corpo immerso. Sorprendere, stupire, sbalordire … dimostrare.

In una parte del romanzo fai riferimento al “caos” distinguendo un caos “pulito” e “degenerativo”. Spiega la differenza tra i due.

Il caos degenerativo è quello che fa impazzire i soggetti deboli, coloro che non sono capaci di contenere e controllare questa “tempesta psichica” all’interno del proprio essere. Il caos pulito è quella sensazione di inquietudine che spinge lo scrittore a redigere il proprio romanzo per tutta la notte. Quando l’impeto del caos pulito colpisce bisogna afferrarlo poiché esso genera l’idea. Io mi sono avvalsa della mia tempesta psichica, del mio caos per scrivere questo romanzo. Genere che, altresì, non sarebbe stato fattibile.

Pazienza é una strana parola: puoi dirla quando aspetti e quando decidi di non aspettare più. Nella vita quanto vale la pena aspettare?

Nella vita ci sono cose per cui vale la pena aspettare ed altre che, se devono arrivare, non ti fanno attendere più di tanto. Tra le cose che non vale la pena aspettare includerei quelle storie d’amore già vissute, che per una serie di motivi sono finite. Alla fine di una relazione c’è chi se ne và e chi resta ad aspettare un ritorno. Io sono dell’idea che chi ama non và via, e quindi non vale la pena aspettare. In questi casi bisognerebbe avere la forza di dire: “pazienza, è andata così”. Diversamente, ci sono cose per cui vale davvero la pena aspettare. Per quest’ultime, a mio parere, non si aspetta seduti, bensì lo si fa in movimento, operativi, con dei remi in mano come a voler portare l’acqua verso la propria spiaggia, quasi ad aiutare l’andamento naturale delle onde a trasportare qualcosa di positivo. Perché è vero che esiste un destino, ma è anche vero che gli artefici siamo noi.

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Come ci si sente, alla tua giovane età, nel raccogliere dei meriti e dei risultati così soddisfacenti avendo contato solo sulle tue capacità?

Quando corri verso un obiettivo, devi piegarti ad ogni traguardo per toccare terra: è l’unico modo per capire che non stai volando. L’umiltà è il valore principale, e chi è dotato di umiltà rimane sempre con i piedi per terra. Chi non possiede tale valore corre il rischio di innalzarsi troppo, senza reali motivi. I risultati sono utili a chi li ottiene, per fare meglio, per accrescere la propria autostima; se a ciò ci si aggiunge anche un “utile sociale” potremo dire di apportare il nostro contributo umano. Dal mio traguardo, oggi, posso dire che ci si sente bene, soprattutto, perché è un traguardo ottenuto con le mie capacità. Mi godo il momento e non mi fermo. A tal proposito adoro questa citazione: “Non esiste la fortuna, esiste il talento che incontra l’opportunità”. E credo che sia davvero così.

A.C.