Una vita spericolata: lo spaghetti poco western di Ponti

“Voglio una vita spericolata …di quelle che non dormi mai, Voglio una vita, la voglio piena di guai”.

Così cantava Vasco Rossi nel 1983. È anche la vita a cui agognano i tre protagonisti dell’ultima commedia diretta e scritta da Marco Ponti, Una vita spericolata.

Roberto Rossi e il suo amico BB sono due giovani falliti e senza futuro di un paesino dimenticato della valle di Susa. Un giorno Rossi si reca in banca per chiedere un prestito, ma al diniego del banchiere perde le staffe e, involontariamente, si ritrova a rapinare la banca. La refurtiva, però, proviene da loschi traffici e la malavita locale inizia a dargli la caccia. Nella rocambolesca fuga dal nord al sud della penisola, ad accompagnare i due ragazzi c’è anche un’attricetta in declino, che vede nello scoop mediatico il modo per far resuscitare la propria carriera.

Una vita spericolata omaggia lo spaghetti western, molti sono gli ammiccamenti e rimandi alle pellicole di genere più famose, oltre a velleità artistiche alla Quentin Tarantino e alla fratelli Coen.

Se la regia risulta sempre curata e lineare, il ritmo è sostenuto e la fotografia ricca. Ciò che manca è la sceneggiatura. Questa, infatti, infarcita di dialoghi e battute al limite del ridicolo, diventa una matassa informe tra il surreale ed il grottesco. I giovani e talentuosi protagonisti, Matilda De Angelis (Veloce come il vento, Youtopia), Eugenio Franceschini (Sconnessi e la serie tv I Medici) e Lorenzo Richelmy (La ragazza nella nebbia), cercano di dare spessore e credibilità a dei personaggi che dovrebbero essere i “buoni”, quando risultano solo degli imbranati alla ricerca di emozioni forti.

Gli stessi cattivi poi, dalla dark lady al commissario di polizia cocainomane, risultano solo macchiette grottesche.

Buona è la colonna sonora firmata da Tom Morello dei Rage Against the Machine, e la collaborazione con Samuel Romani, leader dei Subsonica, per Dove scappi, presente nei titoli di coda.

Una vita spericolata è una commedia grottesca, che vorrebbe far ridere e far riflettere, ma che, invece, vaga alla ricerca di un suo perché.

 

 

Anastasia Mazzia