Disponibile su RaiPlay Il primo uomo di Gianni Amelio, dal romanzo di Albert Camus

Disponibile su RaiPlay Il primo uomo, un film del 2011 diretto da Gianni Amelio, tratto dall’omonimo romanzo (postumo) di Albert Camus. La pellicola è una coproduzione internazionale (Francia, Italia e Algeria) tra Cattleya, Maison de cinema, Soudaine Compagnie, France 3 Cinema e Rai Cinema. Il film è stato presentato in anteprima mondiale al Toronto International Film Festival nel settembre 2011, ed è stato proiettato in anteprima europea il 30 marzo 2012 al Bif&st di Bari. Sceneggiato da Gianni Amelio, con la fotografia di Luca Bigazzi e Ives Cape, il montaggio di Carlo Simeoni, le scenografie di Arnaud de Moleron, i costumi di Patricia Colin e le musiche di Franco Piersanti, Il primo uomo è interpretato da Jacques Gamblin, Maya Sansa, Catherine Sola, Denis Podalydès, Ulla Baugué, Nicolas Giraud, Nino Jouglet, Abdelkarim Benhabouccha.

Trama
Negli anni ’50, Jacques Cormery (Jacques Gamblin), un uomo francese sulla quarantina, fa ritorno in Algeria, dove era cresciuto. La terra africana, ai tempi ancora colonia francese, lo sommerge con i ricordi della sua infanzia: la scuola, la madre, i compagni. Nel frattempo si confronta con gli aneliti di indipendenza degli algerini e ne capisce i motivi, cosa che lo pone, in quanto francese, in serie contraddizioni.

L’infanzia di Albert Camus e l’Algeria del 1957, quando lo scrittore, tornato nella terra dove era cresciuto, fu costretto a fare i conti con gli arabi disposti ad abbracciare anche il terrorismo pur di liberarsi dei francesi. Ma anche l’infanzia del regista, povera, trascorsa con la madre, come accade al protagonista del film. Con Il primo uomo Gianni Amelio porta sullo schermo l’ultimo romanzo di Camus, rimasto incompiuto. Il risultato è un film che ci accompagna in un mondo dove si mescolano affetti profondi e urgenze politiche, confessioni e pudiche dichiarazioni d’amore, inseguendo, sulla scia della figura paterna, quell’uomo ideale che potrebbe essere in ognuno di noi.

L’eleganza e la delicatezza con cui il regista muove la macchina da presa trasmettono l’intensità delle emozioni dei personaggi. I numerosi primi piani, l’attenzione agli sguardi e i silenzi sono tutti elementi che, sommati, traducono l’opera cinematografica in poesia. Amelio, probabilmente influenzato dal viaggio in Cina fatto per girare La stella che non c’è, sembra utilizzare un tocco peculiare ad alcuni registi asiatici. Ne Il primo uomo c’è una sorta di profonda intimità che molto spesso nel cinema occidentale non si riesce a trasmettere. Non c’è dubbio che il legame che accomuna Amelio e Camus (la scomparsa prematura del padre) sia un elemento decisivo del film, ma in quest’opera c’è qualcosa che va oltre, che viaggia nell’anima dei personaggi e li rende credibili agli occhi dello spettatore.

Lo stile asciutto ed elegante di Amelio restituisce con autentica verosimiglianza le pagine dell’incompiuto romanzo di Camus, l’intervento di un grande scrittore sulla tragedia del proprio paese. Inoltre, il regista riconsegna il suo pensiero politico in modo distaccato e sgombra il campo da ogni sospetto di una sua reticenza o ambiguità riguardo la guerra di liberazione algerina. Il primo uomo, proprio perché incompiuto e ricostruito, era una sfida difficile da portare a termine, ma Amelio la traspone con estrema professionalità e rigore. Un esempio di cinema: espressivo e genuino.

 

 

Luca Biscontini