Stasera in tv Lost in Translation di Sofia Coppola, con Bill Murray e Scarlett Johansson

Stasera in tv su Iris alle 23,35 Lost in Translation – L’amore tradotto, un film del 2003, scritto, diretto e prodotto da Sofia Coppola con protagonisti Bill Murray e Scarlett Johansson. Il film ruota intorno al particolare rapporto tra l’attore in declino Bob Harris e la neolaureata Charlotte, nato in un grande hotel di Tokyo. Il film ha ottenuto dei buoni giudizi critici ed è stato candidato a quattro premi Oscar, ossia miglior film, miglior attore per Bill Murray, miglior regista per Sofia Coppola e miglior sceneggiatura originale ancora per Sofia Coppola, che si è aggiudicata proprio quest’ultima statuetta. Scarlett Johansson ha vinto un BAFTA per la miglior attrice protagonista. Coppola ha ideato Lost in Translation dopo molte visite a Tokyo nei suoi vent’anni, basando gran parte della storia sulle sue esperienze vissute lì. La regista ha scritto il film pensando a Murray e ha detto che non ce l’avrebbe fatta senza di lui. Ha confessato che aveva sempre desiderato lavorare con Murray e che era attratta dal suo “lato dolce e amabile”. Con Bill Murray, Scarlett Johansson, Giovanni Ribisi, Anna Faris.

Trama
In trasferta a Tokyo per girare alcuni spot pubblicitari, il cinquantenne attore americano Bob Harris conosce una connazionale che alloggia nel suo stesso albergo: la giovane Charlotte, fresca di laurea a Yale e moglie di un indaffarato fotografo. Entrambi annoiati e smarriti in una cultura totalmente estranea, i due allacciano una singolare relazione fatta di complicità e di ironia, di confusioni e di allusioni.

Lost in Translation è spesso divertente: basta vedere le scene in cui Murray è alle prese con una petulante prostituta che pretende di farsi leccare – o strappare – le calze, con un regista fuso di testa, con un petulantissimo intrattenitore televisivo. Bill, poi, è impedibile quando improvvisa davanti alla macchina da presa – e si vede che lo fa davvero – nella parte del bevitore di whisky per lo spot. Però l’eccezionalità della sua interpretazione sta da un’altra parte, quella stessa in cui va ricercata anche l’eccezionalità del film. Ovvero nella vulnerabilità che traspare dietro la maschera umoristica; in un senso di malinconia raramente apparso così attraente, perfino desiderabile, su uno schermo.” (Roberto Nepoti, La Repubblica, 6 Dicembre 2003)

“Delizioso e imperdibile Lost in Traslation, che segna la repentina maturazione della figlia d’arte Sofia Coppola. Interpretato da un grandioso Bill Murray e dall’intensa Scarlett Johansson, il film mette in scena l’impalpabile contatto fra un disilluso divo americano e una giovanissima connazionale fresca sposa nelle pause di un frastornante soggiorno a Tokio. Il tragicomico spaesamento provocato dall’intraducibile metropoli si riverbera, così, nello stand by esistenziale dei personaggi che finiscono tuttavia per ritrovarci un tesoretto di confortevoli quanto effimeri contrappunti”.
(Valerio Caprara, Il Mattino, 1 Settembre 2003)

“Una cronaca, con gli accenti, spesso, del documentario. Se l’è scritta e poi realizzata Sofia Coppola, già nota per un primo film di un certo pregio, ‘Il giardino delle vergini suicide’. Qui, senza mai contraddirsi nei linguaggi, si è tenuta a due modi di rappresentazione: l’incontro quasi sentimentale dei due, isolati in ambienti di cui ignorano la lingua e i costumi, e poi questi stessi ambienti, rievocati di giorno e di notte con un occhio che, tenendosi lontano dalla curiosità turistica, vi privilegia in mezzo la scoperta, anche soltanto psicologica; accettando, in qualche pagina, anche dei risvolti ironici. Lo interpreta Bill Murray, alternando con misura i fastidi dell’estraniamento con la graduale insorgenza di quei suoi sentimenti solo un po’ vicini all’amore. Affiancato, con intensità, da Scarlett Johansson, molto convincente.”
(Gian Luigi Rondi, Il Tempo, 5 Dicembre 2003)

“Alla sua seconda regia Sofia Coppola, figlia di cotanto padre, conduce il gioco con mano sicura, trascorrendo dal buffo e malinconico dentro una cornice squisitamente notturna. Anime in pena rinchiuse negli agi del Park Hyatt Hotel, i due personaggi ci ricordano, facendoci sorridere, di che pasta è fatta la condizione umana”.
(Michele Anselmi, Il Giornale, 1 Settembre 2003)

 

 

Luca Biscontini