Benedetta: l’amore e il sangue di una… Virginie

In apertura, Benedetta ci informa immediatamente che il film in questione è ispirato a fatti reali, in quanto si rifà ad un processo tenutosi alla fine del XVII secolo.

Una vicenda di cui fece la casuale scoperta Judith C. Brown mentre effettuava ricerche per un altro progetto all’interno degli archivi storici di Firenze, decidendo poi di riportarla nel testo Atti impuri: vita di una monaca lesbica nell’Italia del Rinascimento.

Il testo da cui, appunto, prendono le mosse le circa due ore e dieci di visione al cui centro, in un’Italia devastata dalla peste, troviamo la Benedetta Carlini alla quale concede anima e splendido corpo la Virginie Efira di Un amore all’altezza e La doppia vita di Madeleine Collins. La Benedetta Carlini il cui ingresso come novizia nel convento di Pescia, in Toscana, stravolge radicalmente la vita delle consorelle, ritrovandosi accusata di omosessualità ed eresia.

Una figura notata fin dalla tenera età per aver compiuto dei miracoli, ma che non ci è dato sapere se si tratti di una mistica squilibrata o di una manipolatrice, proprio come non vi è mai una banale distinzione tra buoni e cattivi nelle opere del qui regista Paul Verhoeven, autore de L’amore e il sangue e Robocop.

Il Paul Verhoeven che infatti osserva: “Probabilmente Benedetta è un po’ entrambe le cose. È consapevole dei suoi intrighi? È una manipolatrice in buona o in cattiva fede? In Atto di forza la vicenda vissuta da Arnold Schwarzenegger è un sogno o è la realtà? Entrambe le interpretazioni sono valide e lo stesso dicasi per Benedetta. Due verità coesistono e il film non ci svela quale delle due sia la verità. Bisogna accettare che alcuni fatti possono essere visti secondo due prospettive differenti. In Basic instinct l’assassino è Sharon Stone oppure l’altra ragazza?”.

Ed è proprio questa ambiguità riscontrabile in diversi aspetti – comprese le personalità della Felicita di Charlotte Rampling e del Nunzio di Firenze di Lambert Wilson – a rappresentare il maggiore punto di forza di un’operazione che, complici in particolar modo le audaci sequenze di sesso saffico (con tanto di Madonna usata come dildo!) consumato dalla protagonista insieme alla giovane Bartolomea alias Daphné Patakia, in altri tempi avremmo quasi potuto annoverare nel cosiddetto filone della nunsploitation (quello che ci ha dato, per intenderci, Le scomunicate di San Valentino di Sergio Grieco e La monaca del peccato di Joe D’Amato).

Benedetta, però, non è sensazionalismo erotico fine a se stesso, bensì un lungometraggio che, narrativamente lento e immerso in un’atmosfera decisamente cupa, affronta religione, sessualità e intrighi politici della Chiesa per porre in evidenza l’ipocrisia e la corruzione delle autorità ecclesiastiche.

Nel marasma di dialoghi decisamente brillanti che lo caratterizzano, a tal proposito ne è una chiara testimonianza la frase “La pietà e l’amore non hanno nulla a che vedere con il dovere”. Man mano che si approda ad una rivolta assente nel libro di partenza e che, come da tradizione verhoeveniana, non mancano crudezza e momenti che sfiorano l’horror… a cominciare dalle situazioni che coinvolgono le apparizioni di Gesù, tra serpenti, decapitazioni e spargimenti di liquido rosso.

 

 

Francesco Lomuscio