Pier Paolo Pasolini – Una visione nuova: e la vita non fu più la stessa

Bernardo Bertolucci: “Quando mi trovai vicino a Pier Paolo per Accattone, il mio privilegio fu quello di assistere alla nascita del cinema. Quello che faceva non era riferirsi a modelli precedenti, ma era proprio quello di inventare il cinema”.

Con questa significativa dichiarazione del regista de Il conformista e Novecento, che proprio grazie a Pasolini iniziò la sua fortunata avventura cinematografica, si può cominciare a fare qualche considerazione su Pier Paolo Pasolini – Una visione nuova, il documentario di Giancarlo Scarchilli che fonda la sua indagine a partire da una specifica domanda: “A quante persone ha cambiato la vita Pier Paolo Pasolini?”. Tante, tantissime, evidentemente.

Sì, perché Pasolini aveva anche, tra le altre, la capacità non comune di capire il talento delle persone che incontrava, facendo sì che potesse emergere. Basterebbe nominare Franco Citti e Ninetto Davoli per rendere l’idea di tale virtù. Ma anche grandi professionisti del cinema – Dante Ferretti, Sergio Citti e Vincenzo Cerami – che, grazie al fatidico incontro, poterono sviluppare le loro grandi doti. Oppure Laura Betti, la quale, più di tutti, legò la sua vita a quella del cineasta-poeta. Sì, il cinema di Pasolini non assomigliava a niente di ciò che era stato già visto. Il gusto per l’arte, che lo indusse a costruire delle inquadrature che riproponevano in qualche modo le figure di alcuni grandi artisti, è evidente nei suoi primi due film, Accattone e Mamma Roma. Successivamente sviluppò un’estetica personalissima basata sulla nostalgia per la dimensione del Sacro, dileguatosi in un passato ancestrale e mitico, a cui ogni volta dava forme suggestive e affascinanti. A partire, in particolare, dalla scelta delle location, luoghi inaccessibili e misteriosi che fornivano un meraviglioso sfondo in cui mettere in scena le tragedie greche, da Edipo re a Medea, oppure le favole millenarie e universali, come Il fiore delle mille e una notte. Tonino Delli Colli e Danilo Donati, ma anche Ennio Guarnieri e Piero Tosi, Nino Baragli e l’illuminato produttore Alfredo Bini (fu grazie a lui se Pasolini poté esordire dopo il gran rifiuto di Federico Fellini).

Moltissimi furono i professionisti straordinari che contribuirono alla creazione di un immaginario nuovo – una visione nuova, per l’appunto – unico, inconfondibile. Senza poi dimenticare il concetto di “discorso libero indiretto” su cui il regista spesso si soffermò nel tentativo di spiegare la sua idea di “cinema di poesia”. Ora, a essere onesti, la testimonianza di Scarchilli non aggiunge granché di nuovo a ciò che era già noto di Pasolini, però ha il merito di torcere la discussione su un piano umanissimo, su quei rapporti di amicizia e di lavoro che tanta influenza ebbero sulla vita di un numero notevole di persone. E, se questo è senz’altro vero e commovente, nella misura in cui restituisce ancor di più il valore umano del regista di Salò o le 120 giornate di Sodoma, non si può non estendere l’effetto di tale “incontro” anche agli spettatori, i quali, senza dubbio, dopo aver compulsato l’opera cinematografica di Pasolini, non sono stati più gli stessi, laddove, convocati a riflettere sul rapporto tra il mondo mitico del passato e quello desacralizzato del presente, proprio come il poeta hanno sviluppato una tenace nostalgia per una tragica mancanza di cui sono evidenti i nefasti effetti. Prodotto da Medusa, in collaborazione con Istituto Luce – Cinecittà e CSC – Cineteca Nazionale e con il contributo di Rai Cinema, Pier Paolo Pasolini – Una visione nuova è l’unico dei molti documentari realizzati in occasione della ricorrenza del centenario della nascita del regista ad approdare nelle sale. Un evento unico nel suo genere, da non perdere.

 

 

Luca Biscontini