Stasera in tv The Belle Starr Story – Il mio corpo per un poker di Lina Wertmuller

Stasera in tv su Rai Movie alle 23,20 (ma disponibile anche su RaiPlay) The Belle Starr Story – Il mio corpo per un poker, un film del 1968 diretto da Piero Cristofani e Lina Wertmüller accreditati con gli pseudonimi di Nathan Wich e Gieorge Brown. Prodotto da Oscar Righini, cpn il soggetto di Piero Cristofani, la sceneggiatura di Lina Wertmüller, la fotografia di Alessandro D’Eva, il montaggio di Renato Cinquini, le scenografie di Giorgio Giovannini e Giuseppe Aldrovandi, i costumi e le musiche di Herta Schwarz Scavolini, Stasera in tv The Belle Starr Story – Il mio corpo per un poker è interpretato da Elsa Martinelli, Robert Woods, George Eastman, Dan Harrison, Orso Maria Guerrini.

Trama
In fuga da un matrimonio combinato, Myra Belle Shelley, cambia nome in Belle Starr. Dopo aver salvato la vita alla sua cameriera Jessica, che il padre di Myra Belle voleva far impiccare, e si dà ai furti di cavalli con il suo vecchio amico Cole Harvey. Dopo la morte di Cole, Belle Starr intreccia una relazione di amore e odio con un bandito di nome Larry Blackie insieme al quale mette insieme una banda e organizza un furto di diamanti in una banca. Nel furto perde la vita l’intera banda, compresa Jessica, e Larry viene catturato. Belle lo salva rinunciando al bottino ma i due decidono di non restare insieme nonostante il sentimento che li lega.

Forse non tutti sanno che Lina Wertmuller, autrice di classici ormai entrati di diritto nella storia del cinema, quali Film d’amore e d’anarchia – Ovvero “Stamattina alle 10 in via dei Fiori nella nota casa di tolleranza…” (1973), Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto (1974) e Pasqualino Settebellezze (1975), dopo aver esordito come aiuto regista con Federico Fellini per film del calibro de La dolce vita (1960) e (1962), e aver diretto i primi lungometraggi con Rita Pavone, nel 1968 con lo pseudonimo di Nathan Wich, in coppia con George Brown (Piero Cristofani), realizzava un gustoso e atipico western femminista con la magnifica Elsa Martinelli, inaugurando un approccio al genere che poi verrà ripreso anche dal francese Christian-Jaque, che nel 1971 girò Le pistolere, interpretato dalla coppia dei sogni Bardot–Cardinale.

Già dai titoli di testa, in cui si succedono sensuali immagini della protagonista, si percepisce che The Belle Starr Story – Il mio corpo per un poker è un interessante esperimento-divertissement, attraverso cui gli sceneggiatori (gli stessi Wertmuller e Cristofani) tentarono di affrontare la questione di genere, dando un taglio lieve all’insieme e mettendo in scena una storia in cui si alternano fluidamente intrattenimento e denuncia. Myra Belle Shelly (che poi si trasformerà nella spietata Belle Starr) è un’avventuriera che compete alla pari con gli uomini, e non poche sono le situazioni umoristiche generate dal suo atteggiamento maschile che, tra un sigaro aspirato con voluttà, una partita di poker giocata con destrezza e sparatorie varie da cui esce sempre vincitrice, delizia lo spettatore, laddove i tratti pieni di grazia della Martinelli producono un gradevole contrasto che calamita lo sguardo, ed è un piacere seguire le sue gesta tra saloon, praterie solcate da galoppate forsennate e momenti di fragilità che fatalmente emergono.

Un padre che le voleva imporre un matrimonio con un anziano signore, una violenza subita dal suo miglior amico e altre vicissitudini spingono Belle a cambiare vita, a riscattarsi, in nome di un’autonomia che le permetta di vivere liberamente, seguendo i propri desideri. L’incontro con il fuorilegge Larry Blackie (George Eastmann, che poi ritroveremo nel cult di Mario Bava del 1974, Cani arrabbiati) costituisce l’occasione per confrontarsi nuovamente col mondo maschile, e il loro è un amore-odio in cui si alternano profondi contrasti e attimi di intimità: in questo senso il film rivela, nonostante il disteso tono generale, una scrittura attenta, giacché non viene lodato indiscriminatamente il comportamento virile di Belle (equivoco che in quegli anni sarebbe stato pure giustificabile), bensì se ne stigmatizza talora l’eccesso, e tutto si conclude su un punto di sospensione, come se, onestamente, il problema della relazione dovesse ancora trovare delle risposte adeguate per rimodularne la forma. Si capisce bene, insomma, che è stato meditato non poco un soggetto allora assai innovativo, e, senza cadere in prevedibili cliché che avrebbero reso l’opera stucchevole, si è lavorato di fioretto per costruire una narrazione scorrevole ma non scontata. Già allora Lina Wetmuller dimostrava di possedere una lucida visione antropologica, arricchita dal dono della leggerezza, dote che poi caratterizzerà fino alla fine il suo cinema, regalandoci capolavori senza tempo. Un film da vedere, dunque, The Belle Starr Story, per godere dell’originalità e dell’intelligenza di un’opera che è riuscita a ritagliarsi un piccolo ma stabile spazio nella storia del nostro cinema.

 

Luca Biscontini