Welcome home: quando il thriller diventa sexy

Una giovane coppia sembra non avere scampo, la loro storia è arrivata al capolinea. Tanto per tentare l’ultima carta, affitta un casolare nella campagna umbra, a Montefalco, tramite il portale welcomehome.it. Fino a che bussa alla loro porta quello che loro credono essere un vicino di casa, ma che è, in realtà ben altro.

Va bene, lasciamo stare il doppiaggio: non è colpa del film, tanto meno del regista, casomai solo di Riccardo Scamarcio. Va bene, lasciamo stare il genere: il thriller erotico è sempre esistito e, indipendentemente dal prodotto finale, a certo pubblico piacciono le pruderie annaffiate con qualche omicidio; poi mica tutti possiamo fare Il postino suona sempre due volte o Basic instinct.

E va bene, lasciamo stare anche che in estate ancora oggi, in sala, si trova il peggio del peggio, nonostante la stagione a livello distributivo sia migliorata e nonostante tra Luglio e Agosto le major mettano nei cinema alcune uscite molto interessanti. A far così, però, si giustifica tutto e tutto si comprende. Resta il fatto che Welcome home è robaccia, neanche robetta da guilty pleasure. Tra un coniglio alla cacciatora e una delle prove meno memorabili di un attore dalle alterne fortune come Scamarcio e un altro come Aaron Paul, che pare un sopravvissuto al suo stesso mito, il film di George Ratliff tira in ballo i peggiori clichè e riesce a rovinare anche il sottotesto oggi più in voga e più facile da mettere in pettorina per darsi un tono (ovvero il voyeurismo tecnologico).

Con la sexy Emily Ratajkowski a fare da personaggio femminile, abbiamo una messa in scena che sembra privilegiare la costruzione dell’attesa per un climax che non arriverà mai; man mano che il tutto tenta goffamente di essere moderno, mettendosi in realtà in gioco malamente e arrivando a sequenze subito scult (Aaron che dà “il suo sesso al gabinetto” manco fosse Dalla).

Un film che, insomma, parte stanco e perdente fin dall’inizio, quando si capisce subito dove – ma, soprattutto, come – si vuole andare a parare, se non fosse chiaro fin dall’ (oscena) immagine di locandina, con un Paul da dimenticare. Senza uno scossone, un brivido o un pensiero che sia uno.

 

 

GianLorenzo Franzì