Annabelle 3: torna la bambola dai “piccoli brividi”

Entrata in scena ne L’evocazione – The conjuring di James Wan, è stata poi al centro di due spin off: Annabelle, diretto nel 2014 da John R. Leonetti e in cui l’abbiamo vista all’opera sulla strada che l’avrebbe portata al cospetto dei sensitivi Ed e Lorraine Warren, ovvero Patrick Wilson e Vera Farmiga, e Annabelle 2: Creation, firmato tre anni più tardi da David F. Sandberg e, in realtà, prequel del tassello precedente.

Sotto la regia del debuttante dietro la macchina da presa Gary Dauberman, sceneggiatore dell’intera serie e del recente successo It, la diabolica bambola del titolo torna in Annabelle 3, che prende il via dal momento in cui Ed e Lorraine ne entrano in possesso, tenendola custodita in una teca di vetro insieme agli altri gingilli rinvenuti nel corso delle loro indagini soprannaturali.

Ma, quando dovranno assentarsi per qualche giorno, lasciando la loro piccola figlia Judy alias McKenna Grace insieme alla baby sitter Mary Ellen, dal volto di Madison Iseman, accadrà il peggio.

Ed è sufficiente il già ridicolo plot (come possono pensare i coniugi Warren di lasciare la figlia a casa con tanto di oggetti malefici?) che spinge quasi a pensare ad una rilettura horror di Mamma, ho perso l’aereo a consentirci di intuire che il nuovo Annabelle non riesca a fare meglio dei due già non esaltanti capitoli predecessori.

Del resto, se escludiamo la valida serie ufficiale di The conjuring, nulla di buono è venuto fuori nei suoi vari spin off, come testimoniato anche dai mediocri The nun – L’evocazione del male e da La llorona – Le lacrime del male.

Quindi, anche qui si arranca senza fantasia tra apparizioni improvvise e jump scare, mentre lo script gira a vuoto, lasciando emergere sia il nulla che lo caratterizza che l’impressione che voglia prendere in giro lo spettatore, promettendo orrori e spaventi che, in realtà, latitano.

Come pure latita la sensazione di pericolo di morte (e non vi è cosa più sbagliata per un horror), tanto che il look finisce per essere quello di un prodotto all’acqua di rose non lontano dai Piccoli brividi di R.L. Stine, tanto che sembra quasi che Dauberman abbia stabilito di non turbare troppo lo spettatore con paura e spaventi.

Di conseguenza, è chiaro che Annabelle 3 fallisca in toto, rivelandosi l’episodio peggiore della trilogia e non portando nulla alla tradizione del cinema dell’orrore, a quanto pare sempre più penalizzato, paradossalmente, proprio dal successo commerciale che questa tipologia di film sta riscuotendo in giro per il mondo.

 

 

Mirko Lomuscio