DolceRoma: il cinema di genere… Non finisce qui

Se esiste una storia, esiste anche uno scrittore.

E, in possesso dei connotati di Lorenzo“Ride”Richelmy, Andrea Serrano è l’aspirante scrittore protagonista della storia raccontata in DolceRoma, liberamente derivato dal romanzo Dormiremo da vecchi di Pino Corrias e diretto dal Fabio Resinaro che – co-autore insieme a Fabio Guaglione dell’acclamato Mine – ne firma anche la sceneggiatura, su soggetto concepito da lui stesso al fianco di Fausto Brizzi.

L’Andrea Serrano che, costretto a lavorare in un obitorio, vede presentarsi l’occasione della sua vita nel momento in cui il grande produttore Oscar Martello alias Luca Barbareschi si mostra interessato a portare sul grande schermo il suo libro Non finisce qui, sebbene i capitali a disposizione siano modesti e il coinvolgimento di un regista incompetente dalle fattezze di Luca Vecchi non possa che portare a disastrosi risultati.

Una situazione ulteriormente complicata dal fatto che, istigata dalla sua agente Milly interpretata da Iaia Forte, l’attrice Jacarda Ponti dal volto di Valentina Bellè, timorosa di ripercussioni sulla propria carriera, arriva ad eliminare tutti gli hard disk contenenti il montato del lungometraggio.

Una situazione che porta Martello ad escogitare insieme a Serrano un diabolico piano per evitare il fallimento: il rapimento della ragazza effettuato dalla criminalità organizzata, in modo che il film diventi leggenda già prima di approdare nelle sale; senza immaginare, però, che la giovane, improvvisamente, scompaia.

Ed è Francesco Montanari a vestire i panni del poliziotto Raul Ventura, sospettoso di truffa in agguato; mentre un Libero De Rienzo fornito di esilarante accento napoletano è il camorrista Lello, che, oltretutto, si cimenta insieme alla sua violenta combriccola in una gag nell’ufficio del malefico Oscar, la cui consorte Helga è incarnata da Claudia Gerini.

Una Claudia Gerini pronta anche ad emergere nudissima da una vasca colma di miele, regalando con ogni probabilità l’immagine maggiormente stracult della oltre ora e quaranta di visione, mix di commedia, azione e thriller in aria di denuncia nei confronti del marciume che sembra imperare dietro le quinte della Settima arte italiana (e non solo).

Perché, man mano che viene osservato che Roma è una città in cui non puoi vivere se non sai mentire e dove nessuno dice mai quello che pensa e nessuno fa mai quello che dice, da un lato viene concesso molto spazio all’ironia, dall’altro si tenta la carta del genere, con tanto di duello armati di spade.

Ma, se alcune trovate come quella del contrasto tra il look sfarzoso che si immagina nel progettare una pellicola e la povertà in cui poi, spesso, finisce per essere realizzata possono risultare divertenti, il resto sembra alternare fiacchezza di narrazione e regia martellante.

Ma è soprattutto nella fase conclusiva immersa in un fuoco digitalmente realizzato che spinge a rivalutare alcuni effettacci sfornati dalla trashissima Asylum a convincere ancor di più nel pensare che, nonostante la buona volontà di sfornare qualcosa di diverso nel poco esaltante panorama del cinema tricolore d’inizio XXI secolo, DolceRoma non sia altro che un confusionario e prevedibile pasticcio in fotogrammi dalle sprecate ottime prove del cast, comprendente anche un Armando De Razza distributore.

 

 

Francesco Lomuscio