Ferrari: car… Driver

Presentato in concorso presso l’ottantesima Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, Ferrari, come il titolo stesso lascia intuire, porta sul grande schermo la figura del geniale costruttore delle automobili più famose al mondo, nonché ex pilota.

E, partendo dal libro Ferrari. L’uomo, l’auto, il mito scritto da Brock Yates, lo fa per raccontare, in realtà, un solo anno della vita di colui che creò dal nulla la propria popolare azienda nella seconda metà del decennio dei Quaranta.

Ci si immerge infatti nella Modena del 1957, con l’azienda in grave difficoltà e, al contempo, il matrimonio tra un Enzo Ferrari incarnato da un convincente Adam Driver e la moglie Laura dal volto di Penélope Cruz destinato a diventare sempre più burrascoso in seguito alla morte del loro unico figlio Dino.

Un’Italia degli anni Cinquanta in cui, oltretutto, il ritratto del cinico imprenditore ci porta a scoprire l’esistenza di un altro rampollo avuto dalla sua relazione extraconiugale con Lina alias Shailene Woodley; man mano che, in cerca di riscatto, decide di puntare tutto sulla leggendaria gara di velocità conosciuta come Mille Miglia.

Ma, se escludiamo pochissime sequenze come quella – tra l’altro molto riuscita – della ricostruzione della tragedia di Guidizzolo, in cui persero la vita nove spettatori e il pilota spagnolo Alfonso de Portago qui interpretato da Gabriel Leone, le oltre due ore di visione dispensate da Ferrari concedono in realtà molto poco spazio ai fiammanti bolidi e a tutto l’affascinante universo che ruota attorno al loro concepimento.

Al timone di regia, nell’inscenare un mix di pubblico e privato dell’esistenza dell’uomo ossessionato dalla competitività delle proprie creazioni a quattro ruote nelle corse, Michael Mann preferisce privilegiare l’aspetto melodrammatico che caratterizza il tenore familiare del protagonista.

Con i lenti ritmi di narrazione tipici dell’autore di Heat – La sfida e Manhunter – Frammenti di un omicidio che, però, in un lungometraggio dove un montaggio serrato dovrebbe dominare non rischiano altro che di rendere piuttosto soporifero lo svolgimento dell’operazione; al cui interno, al massimo, lo spettatore italiano può divertirsi a riconoscere accanto a star internazionali quali Patrick Dempsey e Sarah Gadon – rispettivamente nei ruoli del pilota Piero Taruffi e dell’attrice Linda Christian – facce nostrane come quelle di Lino Musella, Andrea Bruschi, Daniela Piperno e Valentina Bellè.

Per il resto, il respiro di Ferrari è quello di un non troppo riuscito esercizio di stile più vicino ad una fiction televisiva che ad un biopic cinematografico.

 

 

Francesco Lomuscio