Megàle: le imperfezione che creano il tutto

Un esordio, almeno sulla carta. Sicuramente lo è per le cronache ufficiali della discografia. Ma è la maturità e ancora di più la libertà con cui il duo composto da Stefania Megale e Francesco Paolino a colpire nel segno. Un disco uscito il giorno in cui la storia commemora la figura della donna: si intitola “Imperfezioni” ed è un lungo concept, se così possiamo anche definirlo, in cui è proprio il percorso austero dell’animo umano nel perpetuo confrontarsi con lo stesso suo esistere. Dalla filosofia che molto rimanda al pensiero junghiano in cui (se ci si concede la comodità di poterne attingere in modo sommario) il tutto si fa completo e prezioso avendo consapevolezza di ciò che brilla e di ciò che resta in ombra. “Imperfezioni” quindi è un monito a far pace con i nostri fantasmi e a trovare equilibrio considerando tutto ciò che di noi fa parte. Tra la voce che disegna scenari epici e sospesi, programmazioni e matrici digitali fino al supporto di chitarre di Paolino. In tutto questo, i Megàle restano liberi di dare forma alle loro scritture senza rispettare comode soluzioni per un gusto, come dire, omologato. Un disco interessante, dove l’estetica non trova pace e forme conosciute. In rete il video ufficiale del brano che da titolo al disco. E tutto questo ci piace…

Iniziamo sempre parlando di estetica. Per noi è fondamentale, effimera, profonda, scenica, banalmente di consumo come anche nascosta nel sottotesto di qualcosa. Estetica: per voi che significato ha?
Per me ha il significato della ricerca continua. Ha a che fare con lo spendere la propria intera esistenza a cercare bellezza in ogni ambito. Io mi sento tra queste persone. Ma non è questione di bellezza fine a sè stessa: l’estetica ha la sua funzionalità massima nel farsi portavoce di messaggi che lavorano a livello inconscio e portano luce, che coinvolgono tutti i sensi. Portando valore. E che penso, che importanza ha per la realizzazione della vostra musica? Che tipo di estetica cercate? Di sicuro non quella main stream…
Esattamente. A livello compositivo viene spontaneo ad entrambi andare a ricercare ciò che vorremmo sentire. Mi capita spesso, senza conoscere assolutamente un brano, di riuscire ad anticipare ciò che verrà dopo. Sia a livello testuale che a livello musicale, armonico e melodico. Cerchiamo di evitare questo. Perché per me non c’è nulla di peggio della prevedibilità. Ogni cosa, ogni elemento ha un suo piccolo, importante ruolo. Scomporre gli elementi a volte aiuta, dare un nome ad ogni cosa e affidargli un ruolo. Cerchiamo equilibri delicati. Quando si hanno le cose sotto controllo poi ci si può spingere oltre. Per una maggiore espressività.

Bellissimo il video di lancio della title track del disco. Anche qui si parla di estetica. Il corpo in fondo è il nostro primo veicolo per ogni cosa riguardi la nostra vita. “Imperfezioni” è una celebrazione del corpo o dello spirito?
Mi piace pensare che sia una celebrazione dell’intero essere. Di tutti i suoi livelli: umano del corpo, spirituale. C’è un riferimento alle costellazioni familiari nel testo. Ha a che fare con il fatto che ci portiamo dietro fardelli non propriamente nostri. Quando ci sono pesi di questo genere, a stare male è sia il corpo che lo spirito. Non credo che le due cose siano separabili. Per cui è sicuramente una celebrazione dell’individuo come essere dotato di completezza grazie all’armonia delle sue parti.

Dateci una chiave di lettura per codificare al meglio le immagini assai lisergiche – che io definirei anche liturgiche e cerimoniali – di questo video…
Tutto ciò che faccio è liturgico, altrimenti per me le cose perdono di senso. Tutto il video ha a che fare con la celebrazione: ‘ambientazione nera l’ho voluta proprio per dare un’idea di solennità – assieme al colore bianco dei vestiti – in modo che ci fosse essenzialità. Nello studio del movimento siamo partite da delle mie sessioni di improvvisazione corporea. È stata Lara Riccio (la coreografa del video) a dare una forma al tutto: il lavoro che abbiamo fatto è stato quello di trasformare il testo in gesto.
Mi fa piacere che dia un’idea lisergica, sono affascinata dall’idea che l’ascoltatore/osservatore possa smarrirsi in quello che abbiamo creato.

Leggendo la vostra presskit trovo conferma alle mie iniziali impressioni: “Scarsa, scarsissima personalità” penso sia l’unico brano “terreno” di questo disco. Come mai la scelta di rimettere piede in cose normali?
Non è stata una scelta ma uno sfogo. È stato a causa di un lavoro a provvigione: un contatto forzato di qualche mese con la realtà sociale che ci circonda. Ho fatto decine di lavori diversi e ho sempre avuto difficoltà con le gabbie. Di orari e di ruoli. Quel testo è nato per gridare a gran voce: “prendi il tuo tempo e fallo tuo per davvero. La tua fonte d’oro – spirituale e materiale – la puoi autodeterminare. Sì! Puoi auto-organizzare la tua esistenza a partire da ora.”
Sono una persona ottimista.

Che poi vi chiedo: che sia l’educare e il coltivare scarse personalità che si può arrivare ad una società così cruda di contenuti?
Sì. Credo nella spigolosità. Nelle pieghe del carattere. Questo però non vuole essere in nessun modo un inno alla complessità. Non amo le persone contorte. E l’egocentrismo. Avere personalità non è intenso come sentirsi diverso, migliore, superiore, ha a che fare con il sentirsi parte di ogni cosa, sviluppando senso critico, capacità di dialogo, rispetto per il prossimo, rispetto per la vita in generale. Nelle sue diversità. Ma è complesso. La mattina presto ci si alza per andare a lavorare e si è tutti incazzati col mondo intero. I contenuti sono sempre più crudi perché si sviluppa indifferenza. Non ho mai avuto la presunzione di avere soluzioni per nulla, ma credo fortemente nel potere del singolo individuo. Che decide di restare unito agli altri individui, per creare una moltitudine.