Recensione: Orecchie di Alessandro Aronadio

Orecchie

Una mattina, un personaggio senza nome si sveglia con uno strano fischio alle Orecchie, il quale gli permetterà di notare le assurdità della realtà in cui vive.

Quello strano fischio alle orecchie

In Orecchie è mattino: il protagonista senza nome (Daniele Parisi) si alza dal letto e si prepara ad affrontare la giornata, ma già dal principio qualcosa disturba la quotidianità: un fastidioso fischio alle orecchie. Come un segnale, un ingranaggio fuori posto o un allarme, questo fischio tornerà durante tutta la giornata ogni volta che il protagonista si ritroverà ad affrontare situazioni assurde o imbarazzanti. In questa giornata tali situazioni non sono poche: un enigmatico post-it avverte il protagonista della morte dell’amico Luigi (lui non lo conosce affatto), due suore rischiano di essere uccise nel suo appartamento, un medico cerca di convincerlo di essere rimasto incinto e via discorrendo. Cosa però è l’origine del male del simpatico seppur scontento insegnante di filosofia?

Momenti assurdi in una grigia vita

I vari momenti della giornata si susseguono come delle gag che non fanno ridere, ma lasciano l’amaro in bocca, un senso di distacco, sottolineato dall’uso del bianco e nero. Le situazioni sono portate all’assurdo, ma mai al grottesco. In questo modo, il regista (Alessandro Aronadio) ha modo di riflettere sui rapporti tra le persone ironizzando in particolar modo sull’uso dei social network, ma anche sulle derive dell’arte e dello spettacolo quando l’improbabile compagno della madre del protagonista (Ivan Franek) si dichiara artista e si lascia andare a uno spettacolo dal dubbio gusto e dall’altrettanto dubbio valore.

Orecchie

Ah, la critica ai critici…

Aronadio cerca in qualche modo di assomigliare a Nanni Moretti aggiungendovi una piccola dose di esistenzialismo. Mix che a nostro parere non funziona. Manca l’ironia pungente, sostituita da gag che funzionano a volte, ma che sono a tratti (non volutamente) imbarazzanti. Manca la presa di posizione politica o artistica: va bene, non ci si parla più e l’arte è diventata un gioco per megalomani, ma la soluzione qual è? Aronadio preferisce non rispondere dando al senso del film delle pretese sartriane, ma mantenendosi su un andazzo superficialmente kierkegaardiano. Per rimanere in ambito filosofico.

Uno sguardo sulla recitazione

Fa desiderare purtroppo anche la recitazione. Certo, la volontà del regista era sicuramente quella di non accentuare le emozioni e di dare l’idea di una vita che scorre grigia e monotona nonostante l’assurdità. Ma questo “dar senso” non funziona: una cosa è lo stereotipo, un’altra la macchietta. Il protagonista gioca bene la sua carta da personaggio fuori luogo certo non aiutato da tutta una serie di stacchi di montaggio ingiustificati e altrettanto fuori luogo. Simpatico il personaggio di Rocco Papaleo che, oltre al nome, riesce ad aggiungere al film un personaggio realmente comico e non convenzionale.

Orecchie è in sala dal 18 maggio 2017, distribuito dalla 102 Distribution.

Voto: 5

 

Antonella Stelitano