Death train – Binario morto di Kim Dong-bin

Una sorta di Cassandra Crossing orientale a tinte horror, così si potrebbe simpaticamente definire il film coreano del 2005 Death Train – Binario Morto, del regista Kim Dong-bin, autore già della versione coreana di The Ring, The Ring Virus, del 1999, girato per la maggior parte, come il film iconico di Cosmatos del 1976, su un treno lanciato in una folle corsa verso la morte. “La vita di tutti è come un treno che corre verso una destinazione chiamata Morte”, così inquadra programmaticamente tutta l’opera uno dei personaggi del film. Death Train è una storia di vite e destini che si intrecciano, che si trovano, per caso o per scelta, sullo stesso treno, e che il fato metterà davanti ad una sorte che ha radici nel passato. Non solo le case che hanno visto al proprio interno morti violente possono vantarsi di essere sedi di spettri ed entità di ogni sorta, ma anche un treno che ha subito un terribile incidente, in cui sono morte centinaia di persone, può continuare a portare a spasso i fantasmi del passato, per lo meno secondo Dong-bin. E comincia così un viaggio intrigante e misterioso in cui morti e vivi si ritroveranno assieme, destabilizzando e confondendo anche lo spettatore più attento e guardingo, che non poche volte si troverà spiazzato davanti alla carrellata di individui che, in un modo o nell’altro, popolano il treno Hibiscus.

L’azione si apre con una bimba che apprende dalla televisione di un terribile incidente ferroviario in cui hanno trovato la morte centinaia di persone. Sedici anni dopo quella bimba, Mi-sun, è divenuta una giovane donna, e prende servizio proprio su quel treno, l’Hibiscus, come addetta al carrello delle vivande. Quel giorno l’Hibiscus sta compiendo il suo ultimo viaggio, prima di essere messo definitivamente in congedo, insieme all’anziano macchinista che non vede l’ora di arrivare alla tanto sospirata pensione. Il controllore, un giovane che punta a farsi amica Mi-sun, per scherzare le racconta che nell’anniversario della strage, sulle carrozze coinvolte nell’incidente e poi restaurate, è possibile vedere i fantasmi di coloro che vi trovarono morte violenta, e si dà il caso che l’anniversario cada proprio in quella fatidica notte, tanto che sul treno c’è anche un gruppo di giovani ghostbusters in erba che sperano di vedere qualcosa di insolito, e per aumentare le loro possibilità si portano dietro una ragazzina di 16 anni, So-hee, che pare abbia proprio l’insolita capacità di vedere i fantasmi. Quello che accadrà nella notte, però, andrà ben oltre le aspettative di tutti.

E’ una ghost story nel senso più tradizionale del termine, questo Death Train, che non ci racconta assolutamente nulla di nuovo e ci immerge nelle atmosfere classiche di questo sotto genere, con situazioni già ampiamente viste ma reinventate con garbo nell’ambientazione ferroviaria, tra le carrozze del treno che paiono spesso mutare e trasformarsi e le pensiline nebbiose con le loro luci intermittenti. Una carrellata dei più svariati tipi umani popola l’Hibiscus, le cui storie si intrecciano con quelle di coloro che un tempo sono stati lì, magari seduti proprio al loro stesso posto, e se nessun personaggio viene particolarmente approfondito, sia a livello psicologico che di storia personale, eccetto quello di Mi-sun, intensamente interpretata dalla bella Jang Shin-yeong, tuttavia vengono sufficientemente tratteggiati per aiutarci a capire, pian piano, ciò che sta accadendo in quella maledetta notte. Gli sguardi magnetici e penetranti dei bambini asiatici, particolarmente adatti al mondo dell’horror, segnano spesso i momenti di maggior tensione e pathos del film, e il fatto che gli eventi destabilizzanti inizino alla mezzanotte in punto ci riporta alla nostra miglior tradizione stregonesca. Tutto pare diventare magico in questa ultima corsa dell’Hibiscus, ed il regista è bravo a creare questa sorta di sospensione dalla realtà con una buona fotografia e carrellate inquietanti all’interno delle carrozze che fanno vedere a chi sa osservare molto più di quello che l’occhio umano riesca normalmente a percepire.

Purtroppo il film ha un ritmo lentissimo, talvolta fin troppo, che però contraddistingue spesso il mondo dell’horror asiatico, e l’uso del jumpscare è in questo caso funzionale a tenere viva la tensione e l’attenzione dello spettatore, che altrimenti potrebbe rischiare di essere sopraffatto dalla noia e di perdere degli snodi fondamentali alla comprensione del senso finale dell’opera. Ed in effetti, i continui sbalzi temporali tra presente e passato ai quali ci sottopone il regista rischiano di eccedere e di rendere il risultato finale a tratti confusionario e cervellotico, anche perché, soprattutto nella prima parte del film, pure i dialoghi non aiutano, in quanto banali come non mai ed infarciti di ovvietà che spingono subito lo spettatore a capire che quella, per molti dei passeggeri, sarà l’ultima notte delle loro vite. Fortunatamente da metà film le cose si risollevano un po’, anche grazie all’arrivo degli immancabili spettri asiatici, che, come di consueto, amano camminare a testa in giù sul soffitto, coi loro lunghi capelli corvini che coprono loro il volto rendendoli delle vere e proprie maschere di terrore caratterizzate solo dagli occhi a mandorla che trovano continuamente un pertugio per spuntare fuori, e sono sempre spietati e rancorosi come non mai!

Dong-bin si dimostra un buon mestierante, e riesce a creare, pur nella già sottolineata banalità dell’intreccio, ottime atmosfere altamente macabre, fino a giungere al finale in cui prova ad unire, senza, a mio parere, riuscirci completamente, horror, pathos e rimpianti. Al suo fianco, la brava attrice sudcoreana Jang Shin-young, nota soprattutto nel campo delle serie tv, che dà vita ad un’eroina delicata e di una dolcezza innata, che non si arrenderà al destino ma combatterà fino alla fine con una forza ed una determinazione che lei stessa non credeva di avere. Il film è conosciuto anche col titolo inglese Red Eye, che però, per una volta giustamente, è stato modificato in Italia per non confonderlo con l’omonimo thriller di Wes Craven sempre del 2005, con un inquietantissimo Cillian Murphy come attore protagonista, che, proprio come questo, si svolge su un mezzo di trasporto, in tal caso un aereo.

Insomma, questo Death Train non è un film imprescindibile senza la visione del quale non si può vivere, ma è sicuramente un film gradevole col quale passeranno un’oretta e mezzo in allegria gli amanti delle storie di fantasmi, e soprattutto di quelli asiatici che anche qui, legati ai loro clichè, non mancheranno di spaventare e provocare un paio di salti ben fatti. Più di questo non si può dire, su una sceneggiatura piuttosto convenzionale e che spesso fa acqua nel suo inerpicarsi su se stessa cercando di trovare una logica che sovente non fa che rendere tutto più brumoso ed imperscrutabile. Ma non è uno di quei film che alla fine ci si pente di aver visto. Vi consiglio solo, prima della visione, se non siete avvezzi al mondo dell’horror asiatico, una bella dose di caffeina, per non soccombere al ritmo flemmatico che intorpidisce i sensi e rischia di far chiudere la palpebra proprio sulla rivelazione fondamentale.

https://www.imdb.com/title/tt0448707/?ref_=nm_knf_i3

Ilaria Monfardini