Stasera in tv L’ufficiale e la spia di Roman Polanski

Stasera in tv su Rai 3 alle 21,20 L’ufficiale e la spia, un film del 2019 diretto da Roman Polański, con protagonista Jean Dujardin. Tratto dall’omonimo romanzo del 2013 di Robert Harris, anche co-autore della sceneggiatura assieme a Polański, il film racconta delle indagini del tenente colonnello Georges Picquart volte a far luce sul cosiddetto affare Dreyfus. Ha vinto il Gran premio della Giuria alla 76ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Con Jean Dujardin, Louis Garrel, Emmanuelle Seigner, Grégory Gadebois, Hervé Pierre.

Trama
Il 5 gennaio 1895 il capitano Alfred Dreyfus, un giovane soldato ebreo, viene accusato di essere una spia della Germania e condannato all’ergastolo sull’Isola del Diavolo. Tra i testimoni della sua umiliazione vi è Georges Picquart, che è promosso invece alla direzione dell’unità di controspionaggio militare che lo ha incastrato. Quando però scopre che informazioni segrete arrivano ancora ai tedeschi, Picquart viene trascinato in un pericoloso labirinto di inganni e corruzione che minaccia non solo il suo onore ma anche la sua stessa vita.

Campo lungo. Diversi battaglioni dell’esercito francese sono schierati ordinatamente in un ampio cortile. Sta per compiersi il rito della degradazione ed espulsione del capitano Alfred Dreyfus, accusato di alto tradimento per aver fornito informazioni riservate a una spia tedesca. Segue un’ampia panoramica scandita dallo scalpiccio della marcetta di un manipolo di soldati, finché, in maniera solenne, di fronte alla popolazione civile accorsa per assistere, viene emessa la condanna all’esilio. Inizia così, in maniera rigorosamente geometrica, L’ufficiale e la spia, l’ultimo film del maestro Roman Polanski, premiato alla scorsa Mostra del Cinema di Venezia con il Leone d’argento (Gran premio della giuria).

Come per Il pianista (film vincitore di tre Oscar), il regista polacco naturalizzato francese si mette al servizio della potente storia da raccontare, laddove le questioni in essa sollevate sono talmente universali e decisive da non necessitare di ulteriori sottolineature formali. Come solo i veri grandi sanno fare, fa un passo indietro, lasciando emergere la complessità di una vicenda che eccede la sua valenza storica, ponendo una questione capitale, ovvero il rapporto che intratteniamo con la Verità. Perché se è vero che all’origine delle ingiuste accuse mosse a Dreyfus ci fu senz’altro una forte componente antisemita (e l’accostamento autobiografico in riferimento a una certa campagna diffamatoria nei confronti del regista non può non venire alla mente), è con la ricostruzione dei fatti che Polanski si confronta. Quei pezzetti di carta assemblati in maniera certosina per tentare di recuperare le presunte informazioni fuoriuscite dal ventre dell’esercito incarnano magnificamente il processo di ricomposizione di un fitto mosaico che sfugge sempre, nella sua totalità, alla capacità di presa dello sguardo. La Verità è destinata al fuori campo, sebbene lasci numerose tracce attraverso cui tentare di darle una fisionomia.

Questa lettura è confermata anche dal sistematico contenimento che Polanski esercita sulla materia emotiva del film, evitando saggiamente di scadere in una retorica che avrebbe imbolsito e svilito l’insieme, a scapito di ciò che costituisce il nocciolo della messa in scena. Pure la recitazione degli attori – bravissimo, in tal senso, Jean Dujardin, nei panni del tenente colonnello Picquart, così come Louis Garrel, in quelli del dimesso e sconsolato capitano Dreyfus – è in sottrazione, nonostante vi siano non pochi passaggi diegetici che avrebbero consentito di prodursi in improvvise impennate. Infine, la fotografia di Paweł Edelman, che trattiene l’intensità del colore in favore di un cromatismo sobrio e omogeneo, restituendo quasi la patina ottenebrante del tempo trascorso, è l’ulteriore elemento che rivela la netta volontà di eliminare l’aspetto spettacolare, costringendo chi guarda a concentrarsi sulla sostanza, senza indugiare su una forma stucchevolmente estetizzante.

In questo senso, allora, L’ufficiale e la spia si rivela paradigmatico anche e soprattutto in riferimento alla nostra contemporaneità, giacché non poche volte si è verificata, specialmente negli ultimi tempi, la diffusione di notizie tendenziose atte a discreditare, con metodo, il malcapitato di turno. Emerge, dunque, un secondo piano di lettura – concatenato a quello più generale del concetto di Verità – che costituisce un monito sulle “narrazioni” che il Potere mette in circolo per garantirsi la più duratura sopravvivenza. Ma se ai tempi di Dreyfus era ancora possibile trovare il nemico contro cui lottare e fare resistenza, nella nostra epoca, drammaticamente tragicomica, segnata dall’evaporazione di qualunque punto di riferimento, ci si ritrova completamente disorientati, e ciò che ne deriva è una buffa caccia ai fantasmi. Roman Polanski è tornato con un film eccellente per raccontarci il passato e farci riflettere sul presente, confermandosi, ancora una volta, un grandissimo autore, che nessuna campagna diffamatoria posticcia potrà mai mettere in discussione.

 

 

Luca Biscontini