Stasera in tv Sacco e Vanzetti di Giuliano Montaldo, con Gian Maria Volonté e Riccardo Cucciolla

Stasera in tv su Rai Storia alle 21,10 Sacco e Vanzetti, un film del 1971 diretto da Giuliano Montaldo, con Gian Maria Volonté e Riccardo Cucciolla. Il film narra la vicenda realmente accaduta a Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, due anarchici italiani emigrati negli Stati Uniti a inizio Novecento. Il film, secondo la testimonianza del suo regista, ha sensibilmente contribuito alla riabilitazione storica e morale dei due negli Stati Uniti: quando – il 23 agosto 1977, 50° della loro esecuzione – il governatore del Massachusetts Michael Dukakis riconobbe ufficialmente, con una cerimonia pubblica, l’errore giudiziario e il dolo dei magistrati. Il regista Giuliano Montaldo fu «invitato alla riabilitazione per aver contribuito a essa». Scritto e sceneggiato da Fabrizio Onofri, Giuliano Montaldo, Mino Roli e Ottavio Jemma, con la fotografia di Silvano Ippoliti, il montaggio di Nino Baragli, le scenografie di Aurelio Crugnola, i costumi di Enrico Sabbatini e le musiche di Ennio Morricone, Sacco e Vanzetti è interpretato da Gian Maria Volonté, Riccardo Cucciolla, Rosanna Fratello, Cyril Cusack, Milo O’Shea, William Prince, Armenia Balducci, Sergio Fantoni.

Trama
Boston, 1920: due immigrati italiani, Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, devono rispondere delle infamanti accuse di rapina a mano armata e omicidio ai danni di due cassieri di un calzaturificio. La pena capitale conclude un processo che si rivela subito condizionato da motivi politici: a fronte della mancanza di vere e proprie prove, infatti, è la dichiarata fede anarchica degli imputati a determinare il verdetto. Per sette anni, le ripetute richieste di riapertura del caso vengono respinte, e il 23 agosto 1927 Sacco e Vanzetti salgono sulla sedia elettrica.
«Io non augurerei a un cane o a un serpente, alla più bassa e disgraziata creatura della Terra — non augurerei a nessuna di queste ciò che ho dovuto soffrire per cose di cui non sono colpevole. Ma la mia convinzione è che ho sofferto per cose di cui sono colpevole. Sto soffrendo perché sono un anarchico, e davvero io sono un anarchico; ho sofferto perché ero un Italiano, e davvero io sono un Italiano […] se voi poteste giustiziarmi due volte, e se potessi rinascere altre due volte, vivrei di nuovo per fare quello che ho fatto già.»: così Bartolomeo Vanzetti, il 9 Aprile 1927, si esprimeva nel suo ultimo discorso alla Corte, rivolgendosi in particolare al giudice Thayer, prima della pronuncia della sentenza definitiva che condannava alla sedia elettrica lui e il suo amico e compagno Nicola Sacco.

Quello di Sacco e Vanzetti fu l’ennesimo dramma prodotto dalla diffusa paranoia collettiva che da sempre ha animato la cultura degli Stati Uniti d’America, i quali, mossi da un’insana urgenza di preservare la natura democratica e liberale che ne costituisce l’essenza, hanno più volte, nel corso della loro breve storia, dato corso a ignobili “cacce alle streghe” che hanno causato incommensurabili sofferenze. La prima grande “paura rossa” della storia americana occorse immediatamente dopo la Rivoluzione Russa del 1917 che portò alla caduta dello Zar e all’ascesa di Lenin e corrisponde al cosiddetto Biennio rosso europeo. La seconda apparve durante il periodo maccartista, dal 1948 alla metà degli anni Cinquanta.

La preziosissima testimonianza di Giuliano Montaldo, che si avvalse dell’interpretazione di Gian Maria Volonté, nel ruolo di Vanzetti, e del bravissimo Riccardo Cucciola (che ricevette il premio per la miglior interpretazione maschile al Festival di Cannes del 1971), in quello di Sacco, ha sensibilmente contribuito alla riabilitazione storica e morale dei due negli Stati Uniti: il 23 Agosto 1977, 50° anniversario della loro esecuzione, il governatore del Massachusetts Michael Dukakis riconobbe ufficialmente, con una cerimonia pubblica, l’errore giudiziario e il dolo dei magistrati. Il regista fu invitato alla riabilitazione per aver contribuito a essa. In una bella intervista contenuta nel secondo disco dell’ultima edizione del film, curata e distribuita da Ripley’s Home Video, Montaldo spiega di aver pensato di realizzare una pellicola sui due anarchici italiani dopo aver visto lo spettacolo teatrale di Roli e Vincenzoni, allestito dalla compagnia Attori Associati con la regia di Giancarlo Sbragia, che ne metteva in scena la tragedia.

La ricostruzione meticolosa operata, attraverso un lungo e faticosissimo lavoro di documentazione, dal regista, Fabrizio Onofri e Mino Roli (gli altri due sceneggiatori), dà vita a una messa in scena che riproduce assai fedelmente ciò che davvero accadde durante gli anni del processo (1920-1927) che videro i due italiani sul banco degli imputati. Sacco e Vanzetti vennero accusati dell’omicidio di un contabile e di una guardia del calzaturificio Slater and Morrill di South Braintree (Boston). Sebbene durante le indagini non emersero prove schiaccianti, non si esitò, sull’onda di un vento di intolleranza che in quegli anni soffiava forte negli USA, a emettere una sentenza esemplare per la sua ingiustizia, tanto che ad essa seguirono manifestazioni di protesta in tutto il mondo (anche l’Italia fascista di Mussolini si adoperò per cercare di salvare i due connazionali). Ma ciò che davvero non si perdonò ai due lavoratori fu il loro credo politico, quell’anarchia che non smisero mai (soprattutto Vanzetti) di rivendicare quale ideale di libertà ed equità.

La faccia impietrita di Volontè/Vanzetti, i suoi silenzi e le improvvise impennate di orgoglio, atte a rivendicare la propria innocenza, donano al film di Montaldo un’intensità incredibile, che difficilmente può essere dimenticata. Per non parlare della tragedia umana di Cucciolla/Sacco, il quale, convintosi che non si sarebbe mai potuto modificare l’atteggiamento ostile nei loro confronti, fu braccato dallo sconforto e cessò di combattere per dimostrare la propria innocenza.

Montaldo diresse un film che, innanzitutto e per lo più, e non poteva essere altrimenti, si situa saldamente nel filone dei legal movie, laddove la maggior parte dell’azione si svolge all’interno di un’aula di tribunale. Eppure la mobilità (necessaria, non a fini spettacolari) della macchina da presa riesce a dare dinamicità all’insieme (oltre alle intense interpretazioni di tutto il cast). Sacco e Vanzetti per l’ampiezza della sua struttura è anche un film corale: molti sono i personaggi che hanno avuto un importantissimo ruolo nello sviluppo della vicenda e Montaldo, coraggiosamente, non esita a dare loro spazio, evitando di puntare tutto sui due pregevoli protagonisti (a Montaldo, tra l’altro, va anche riconosciuto il merito di aver assai fortemente voluto Cucciolla accanto a Volontè, e per tale motivo rinunciò a una co-produzione con la Francia che avrebbe preferito un altro divo più spendibile nel ruolo di Sacco). Un altro, doveroso elogio dev’essere senz’altro espresso nei confronti del produttore Arrigo Colombo, l’unico che accolse l’ardito progetto cinematografico di Montaldo, rendendone possibile la realizzazione. Da segnalare infine, si fa per dire, la celebre colonna sonora di Ennio Morricone: il maestro compose le musiche di Here’s to You, la struggente canzone interpretata da Joan Baez, che divenne un vero e proprio inno generazionale.

 

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Luca Biscontini