Stasera in tv Un giorno da leoni di Nanni Loy

Stasera in tv su Rai Storia alle 21,10 (ma disponibile anche su RaiPlay) Un giorno da leoni, un film del 1961 diretto da Nanni Loy. Prodotto da Franco Cristaldi, con il soggetto e la sceneggiatura di Alfredo Giannetti e Nanni Loy, la fotografia di Marcello Gatti, il montaggio di Ruggero Mastroianni, le scenografie di Carlo Egidi, i costumi di Vera Marzot e le musiche di Carlo Rustichelli, Un giorno da leoni è interpretato da Renato Salvatori, Tomas Milian, Nino Castelnuovo, Anna Maria Ferrero, Leopoldo Trieste, Carla Gravina, Saro Urzì, Romolo Valli, Corrado Pani, Gigi Ballista, Regina Bianchi, Valeria Moriconi, Mario Brega. Il film è ispirato all’episodio realmente accaduto della distruzione del ponte “Sette luci”, sulla linea ferroviaria Roma-Formia, all’altezza del km 25, come descritto da Pino Levi Cavaglione nel libro Guerriglia nei Castelli Romani. Venne presentato fuori concorso alla 22ª edizione del Festival di Venezia il 29 Agosto del 1961 e fu distribuito nelle sale cinematografiche italiane dal 6 Settembre.

Trama
Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, Danilo, Michele e Gino incrociano i loro destini, unendosi alla lotta partigiana. Un intenso ritratto di tre antieroi e della loro progressiva presa di coscienza.

«I personaggi del mio film cercano di rappresentare quale fu il dramma del mattino dopo la proclamazione dell’armistizio, in special modo per gli abitanti di una città come Roma che aveva vissuto per anni a contatto con il nucleo politico del Paese e che aveva, nel complesso, quasi una posizione di indifferenza nei confronti della guerra. I partigiani del mio film non si può dire che siano alla macchia per vocazione, ma piuttosto per necessità».
(Nanny Loy)

«Il film non è senza difetti, ma li riscattano un piglio sincero, una indagine non superficiale e sfumata degli eventi e dei caratteri, l’astinenza dalla pur comoda rettorica esecratrice, e una condotta di racconto asciutta e avvincente. Quel che Loy voleva dimostrare, cioè la scaturigine popolare della Resistenza, la sua fatalità storica prima ancora dei suoi aspetti eroici, ci sembra che lo abbia pienamente dimostrato attraverso una vicenda mescolata di luci e di ombre, tolta, si direbbe (e in parte è vero), dalla cronaca di quei giorni. Dal tremore e dall’ignavia alla fortezza e all’eroismo, i passaggi sono graduali, necessari e persuasivi. Un giovane che avesse in sé un’oncia di bene, non poteva non lasciarsi trasportare dalle cose, non combattere per il suo ponte: questo Loy ha voluto dirci e ha detto molto bene. Il copione è un po’ troppo affollato di casi, fa andirivieni e sacche, s’innamora dì certe situazioni fino a stemperarle (il colloquio con la vedova del fuoruscito, i preparativi per far saltare il ponte): ma la tensione, pur rotta qua e là, si riforma sempre, e l’impressione è di un film meditato e forte. Il finale in sordina, col repubblichino che fa lezioni di ginnastica, è un amaro felicissimo epigramma».
(Leo Pestelli, La Stampa, 8 Settembre 1961)

«Loy e Giannetti hanno disposto i loro personaggi su diversi piani di coscienza storica e politica. Manovrare questo folto gruppo di personaggi non era facile impresa. C’è qualche figura disegnata sopra le righe e qualche altra troppo sbiadita. Sono difetti, però, ampiamente compensati dai meriti: è un film che ha slancio, colore, forza di comunicazione».
(M. Morandini , La Notte , 1961)

 

 

Luca Biscontini