The Brink – Sull’orlo dell’abisso: tutto quello avreste voluto sapere su Steve Bannon (ma non avete mai osato chiedere)

Quando Steve Bannon lasciò la sua posizione di capo stratega della Casa Bianca, meno di una settimana dopo lo “Unite the Right Rally” (anche noto come disordini di Charlottesville, manifestazione organizzata dai suprematisti bianchi nell’Agosto 2017), era già una figura ben nota nella cerchia ristretta di Donald Trump per aver portato un’ideologia di estrema destra nelle più alte sfere della politica americana. Non vincolato da un incarico ufficiale, anche se alcuni dicono che abbia ancora una linea diretta con la Casa Bianca, si è sentito libero di utilizzare la propria influenza per trasformare il suo controverso movimento nazionalista in un movimento globale.

The Brink – Sull’orlo dell’abisso segue Bannon attraverso le elezioni di medio termine del 2018 negli Stati Uniti e fa luce sui suoi sforzi per mobilitare e unificare i partiti di estrema destra al fine di ottenere seggi nelle elezioni europee di Maggio 2019. Per conservare il suo potere e la sua influenza, l’ex banchiere di Goldman Sachs, nonché investitore nel settore dei media (è stato fondatore della società Bannon & Company ed ex direttore di Breitbart News), reinventa così se stesso per l’ennesima volta, in questa circostanza come leader autonominato di un movimento populista globale. Manipolatore acuto della stampa e formidabile promotore di se stesso, Bannon continua a riempire le pagine dei giornali e scatena proteste ovunque vada, alimentando il potente mito su cui si basa la sua sopravvivenza.

The Brink - Sull'orlo dell'abisso

La lunga sinossi è necessaria per chi (ma sono pochi) non conosce il personaggio protagonista di questo bel documentario realizzato da Alyson Klayman, giovane regista di New York che si è vista chiedere dalla sua produttrice Marie Therese Guirgis, amica di vecchia data di Steve Bannon, di realizzarlo con il consenso dello stesso Bannon.

Il paradosso è che entrambi le donne, regista e produttrice, sono tutt’altro che entusiaste dell’elezione di Donald Trump, avvenuta proprio grazie alle accorte strategie di Bannon, e il risultato di questo imperdibile documentario è quello di portarci dentro alla vita di una persona vista da molti come il nuovo Joseph Goebbels, che ha portato al potere Hitler -Trump (come lo ha sbeffeggiato lo stesso Michael Moore nel suo Fahrenheit 11/9), e la stessa Klayman sembra a tratti trasformarsi in una novella Leni Riefenstahl nel descrivere in modo totalmente imparziale e perfino simpatico e umano lo stratega.

Un documentario imperdibile per gli spettatori italiani, perché nel lungo viaggio di Bannon in giro per l’Europa lo troviamo a diretto contatto con i nostri politici, da Matteo Salvini a Giorgia Meloni (con un pezzo da antologia durante l’intervista da parte di un giornalista del The Guardian che potete trovare integrale clicando qui).

The Brink - Sull'orlo dell'abisso

Rimanendo nello stretto ambito cinematografico e, in particolare, di quello del documentario, l’opera della Klayman è perfetta e, non per nulla, il richiamo alla leggendaria Riefenstahl è solo per sottolineare la sua bravura nel mantenere il giusto equilibrio, soprattutto nel lungo montaggio conseguito dopo aver accumulato ore e ore di girato.

Quello che esce fuori dal film è tutt’altro che un suprematista bianco cacciato da Trump, anzi, Bannon è stato ben felice di andarsene dalla Casa Bianca, in particolare da quella West Wing, l’ala ovest dove l’aria, a suo dire, era irrespirabile. Quello che forse più interessa agli spettatori è, in realtà, scoprire chi davvero si celi dietro questo abile stratega, che cerca disperatamente di dimagrire durante il documentario, confessando di sentirsi come Jabba The Hutt guardando le foto della campagna elettorale per Trump. Ma, a giudicare dalla dieta che non segue alla lettera, come la stessa Klayman ci ha raccontato nella nostra intervista sappiamo che dovrà probabilmente passare più tempo dal medico che a fare comizi.

Ed è questo l’aspetto più interessante del documentario: umanizzare quello che viene definito da tutta la stampa come un guru geniale, un Goebbels del ventunesimo secolo, cui i leader di destra e i populisti si sono rivolti vedendolo una nuova speranza, ma che in realtà dice le cose che dicono tutte le brave persone nel mondo. Persone che, magari, hanno un simpatico vicino nero o musulmano con il quale intrattengono ottimi rapporti o adorano il loro pizzaiolo egiziano, non volendo al tempo stesso i migranti e pensando che gli ebrei abbiano troppi soldi, che i neri siano pericolosi perché neri e che i marocchini vadano ricordati per cosa hanno fatto in ciociaria durante la guerra. Tutto qui, Bannon non ha fatto altro che parlare alla pancia dell’America e sta facendo la stessa cosa in Europa; quindi la Klayman ce lo mostra in modo disarmante attraverso le sue parole e ci rivela anche come Bannon sia un avido lettore di libri di storia dai quali riceve i giusti insegnamenti.

The Brink - Sull'orlo dell'abisso

Probabilmente, questo documentario finirà davvero in una libreria del congresso come il miglior biopic mai realizzato sulla figura di Bannon, in modo che uno studente, in un lontano futuro, venga aiutato a raccontare la storia del perché  Donald Trump sia stato eletto.

L’aspetto che ci dipinge in modo fin troppo inquietante  la Klayman riporta che Bannon è fortemente appoggiato da molti miliardari e si oppone a suo modo all’altro miliardario George Soros, che finanzia con cifre stellari le ONG che portano i migranti. A  sua volta, Bannon parla amabilmente con i propri ex amici della Goldman Sachs, e possiamo comprendere come dietro le sue idee e la sua figura vi sia un progetto ben più ampio. Nel documentario la Klayman non gli dà sosta e, al contrario di quello di Moore, che ridicolizzava Trump (fino a gelare la platea mostrando che anche Obama, in fin dei conti, era della stessa pasta mentre fingeva di bere un bicchiere di acqua inquinata), riesce in pieno – pur con i limiti posti dallo stesso Bannon durante alcuni incontri privati – a a portarci dentro la sua missione fatta di jet privati e alberghi a cinque stelle.

“Che cavolo penserà la gente guardando questo documentario dove vado sempre in ville di lusso e alberghi a cinque stelle?” dice lo stesso, divertito, in una scena. Infatti, è proprio questa la domanda. Alla sconfitta di Trump alle elezioni di mid-term, dice “Non ci daranno mai soldi per il muro” e profetizza la probabile non rielezione del suo delfino. Il documentario, poi, ce lo mostra anche nel nostro paese, nel suo viaggio a Roma, dove, con un discorso semplice e diretto, ha convinto una platea incuriosita, e questo parlare sembra davvero dargli linfa vitale. Anche se, dopo tanto viaggiare in aereo, confessa “Ho sessantaquattro anni, cosa altro potrei fare, adoro girare, parlare alla gente, ho scelto questa missione”.

The Brink - Sull'orlo dell'abisso

Resta sempre il dubbio su chi lo sponsorizzi per questa missione, e molti si chiedono davvero chi vi sia dietro e muova le fila. Ma, senza scomodare complottisti, The Brink – Sull’orlo dell’abisso lascia intendere tante cose. Una scelta azzeccata da parte della Klayman, che piazza in apertura della sua storia un Bannon che ci parla in modo deplorevole dell’Olocausto e, al tempo stesso, sottolinea come l’industria tedesca, con perfetta efficienza, lo costruì in un attimo.

La regista ha dedicato giustamente il suo film ai propri nonni, sopravvissuti all’Olocausto e che hanno trovato una nuova vita negli Stati Uniti, e si chiede come mai, durante il suo lungo viaggio, abbia incontrato tante persone con una storia simile, ma che ora appoggiano Trump e la propria politica contro le immigrazioni.

Bannon promette che grazie alla sua politica e all’elezione di Trump venga restituito il potere ai giovani, a quel sogno americano mai realizzato, ad una giustizia sociale che la globalizzazione sembra aver spazzato via. Ciò che si comprende, invece, è che un gruppo di persone ricche, a prescindere dalle loro idee pro o contro l’immigrazione, continuano a gestire male il destino di un fragile pianeta, e se Alyson Klayman ha avuto la fortuna o la sfortuna di mostrarcelo, possiamo senz’altro paragonarla a Leni Riefenstahl nella sua accezione più positiva.

 

 

Roberto Leofrigio