The deep: la storia vera del naufrago che ha domato l’Atlantico

È una notte del 1984 come tante. Sull’isola di Heimaey, al largo della gelida Islanda, un gruppo di pescatori fa festa e alza il gomito prima di affrontare, l’indomani, l’Atlantico del Nord a bordo di un peschereccio. Ma la fortuna non li accompagna. Le reti non portano pesce e si incagliano nelle rocce, condannando l’imbarcazione alle profondità dell’oceano.

Le acque gelate non lasciano scampo e, nella morsa del freddo, i membri dell’equipaggio soccombono uno dopo l’altro. Ne resta vivo solo uno, è il giovane Gulli (Ólafur Darri Ólafsson) che nuota per ore nel gelido mare e affronta a piedi nudi un terreno vulcanico ricoperto di neve.

L’asprezza di clima e natura non lo fermano. Gulli approda, salvo, sulla terraferma e conquista, insieme alla salvezza, la fama mediatica e l’interesse della comunità scientifica internazionale. Convinto a raggiungere Reykjavík, il pescatore si sottopone ad alcuni test atti a cercare una spiegazione alla sua inumana capacità di resistenza.

La storia di The deep sembra una leggenda, eppure è una storia vera. Il regista Baltasar Kormákur si lascia ispirare dalla misteriosa vicenda realmente accaduta di un giovane timoniere di ventidue anni, Guðlaugur Friðþórsson, che nel 1984 sopravvisse indenne a un naufragio, affrontando una natura ostile e tornando a casa sano e salvo.

Gulli/Guðlaugur diventa subito e senza volerlo un eroe nazionale, l’uomo capace di sfidare l’Atlantico e la natura. Kormákur però non ricorre a nessuna apologia. Il giovane, nella realtà come nel film, ha l’aspetto di un ragazzo grasso e timido e ogni suo gesto è improntato all’asciutta semplicità. Il pescatore che Kormákur porta sullo schermo è un uomo ostinato, imperturbabile e fragile al tempo stesso.

I suoi unici superpoteri sono la preghiera e il desiderio disperato di rimanere vivo. E mentre tutti cercano una spiegazione impossibile alla sua straordinaria resistenza fisica, Gulli non attribuisce alla propria sopravvivenza nessuna forza sovraumana. La salvezza è stata frutto di un bisogno costante e profondo di vivere.

Lo scontro continuo tra il lato mediaticamente eroico e quello intimo e profondamente umano di Gulli producono un effetto straniante che accompagna tutta la storia. Una storia che sa però mantenere viva fino alla fine una certa dose di suspense, che rende piacevole la visione.

 

 

Valeria Gaetano