ALLA SCOPERTA DEL CINEMA DI FANTASCIENZA ANNI 50′: “GODZILLA”

Non voglio parlare assolutamente del “Godzilla” del 1998 diretto da Roland Emmerich.
Non voglio neanche parlare del noto lucertolone dei film di fantascienza giapponesi che difende la Terra dagli attacchi di mostri giganteschi a volte alieni.
E nemmeno del “primo” del 1954 rimontato dagli americani con scene aggiunte (interpretate da Raymond Burr).
No, io voglio parlare proprio del “Godzilla” originale, uscito in Giappone nel 1954 per la regia di Inoshiro Honda e del quale, è bene notarlo, non esiste nemmeno una versione doppiata in italiano.
Voglio parlarne perché ero curioso di vederlo, l’ho visto e mi sono accorto che non è affatto un film banale e leggerino come si potrebbe pensare.
Intanto una prima precisazione sul regista. Inoshiro Honda era stato aiuto di Akira Kurosawa, regista notoriamente da cineforum intellettuale. Non voglio dire che questo possa bastare, ma sicuramente aiuta.


E per quanto riguarda la storia e il suo svolgimento, chi pensasse ad una semplice versione giapponese di “King Kong” sbaglierebbe di grosso. Perchè qui si va molto oltre la  (ormai banale) storia del mostrone gigante che se ne va a spasso seminando terrore e devastazione. Al centro della vicenda infatti sta soprattutto la metafora dell’olocausto nucleare di Hiroshima e Nagasaki, e non è solo un semplice riferimento storico e culturale. Il regista si sofferma sulla paura e la disperazione della gente, sulla città di Tokio ridotta ad un cumulo di macerie, sugli ospedali pieni di morti e feriti, sulla (chiaramente involontaria) crudeltà del mostro che infierisce sulla città e sulla popolazione senza risentire minimamente degli sforzi di scienziati ed esercito che tentano di fermarlo.
E come se ciò non bastasse, vi sono anche i dubbi dei protagonisti. C’è il professor Tanabe, illustre zoologo, che inizialmente è preso dal rimorso all’idea di distruggere una creatura che, in qualche modo, è l’unica della sua specie. E soprattutto il conflitto interiore del giovane professor Serizawa, inventore (per caso) di un’arma terribile che potrebbe distruggere il mostro, ma che in mani sbagliate potrebbe costituire una minaccia ancora più terribile.
Il tutto (e questo è un altro tratto distintivo, se vogliamo) in un cupo bianco e nero.


Oggi tendiamo a  guardare divertiti (ma anche un po’ dall’alto al basso) tutti i numerosi film del genere “kaiju eiga” come vengono definiti in Giappone, ma non sarebbe male vedersi (e non rivedersi: dubito che l’abbiano vista in molti…) questa versione originale: non si vuole sostenere che sia un film d’essai da mettere a fianco della “Corazzata Potemkin” o simili, ma sicuramente è un film di qualità e profondità superiore a tutti quelli che poi lo hanno seguito (per quanto, siamo d’accordo, non ci  voglia molto).
Alla fine del film (dove, casomai non si sapesse, Godzilla effettivamente muore) il professor Tanabe, pensando agli esperimenti nucleari (come detto, il tema è molto sentito) si domanda se non vi sia il rischio dell’arrivo di un altro Godzilla… forse un finale aperto per giustificare gli innumerevoli seguiti? Non necessariamente: questo film è talmente “diverso” che lo si potrebbe tranquillamente considerare, a buon diritto, una storia a sè.

Giuseppe Massari