Stasera in tv I soliti ignoti di Mario Monicelli

Stasera in tv su Rai Storia alle 21,10 I soliti ignoti, un film del 1958 diretto da Mario Monicelli. Considerato uno dei capolavori del cinema italiano, il film è anche noto come caposcuola del genere caper movie. Si aggiudicò due Nastri d’argento e una candidatura ai premi Oscar 1959 come miglior film straniero. È stato successivamente inserito, come opera rappresentativa, nella lista dei 100 film italiani da salvare. L’idea di base del film e soprattutto il finale sono tratti dalla novella Furto in una pasticceria nell’antologia Ultimo viene il corvo di Italo Calvino. Prodotto da Franco Cristaldi, scritto e sceneggiato da Mario Monicelli, Suso Cecchi D’Amico, Age & Scarpelli, con la fotografia di Gianni Di Venanzo, il montaggio di Adriana Novelli, le scenografie di Vito Anzalone, i costumi di Piero Gherardi e le musiche di Piero Umiliani, I soliti ignoti è interpretato da Con Claudia Cardinale, Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni, Renato Salvatori, Totò, Carlo Pisacane, Tiberio Murgia, Carla Gravina, Memmo Carotenuto, Rossana Roy, Elena Fabrizi.

Trama
Uno scalcagnato gruppo di ladri tenta di organizzare un colpo in un banco dei pegni romano, ma il piano non va come previsto.

Riportiamo uno stralcio di Mario Monicelli (Il Castoro Cinema, 1986) di Stefano Della Casa

Tra le tante cose notevoli di un film tra i più calibrati del cinema italiano, l’interpretazione di Vittorio Gassman, che per la prima volta affronta un ruolo comico dopo le numerose interpretazioni degli anni ’50 nelle parti di «vilain». Monicelli deve insistere con i produttori, spaventati di fronte a una scelta così audace, e deve modificare il volto dell’attore: gli mette una parrucca, gli corregge il naso aquilino, gli gonfia un labbro, lo fa tartagliare trasformandolo in un tonto simpatico, perfettamente adatto alla parte del pugile suonato ma di bell’aspetto.

Gassman non è la sola scoperta di un film che vede l’esordio della Cardinale e di Tiberio Murgia, barista sardo notato un giorno da Monicelli e confinato poi nelle parti di siciliano. Anche Carlo Pisacane è in realtà un caratterista napoletano della sceneggiata, reso bolognese da Monicelli. Il quadro è completato da Mastroianni, che ricopre un ruolo che aveva già avuto nei suoi primi film da protagonista, soprattutto in Peccato che sia una canaglia di Alessandro Blasetti; da Salvatori, reduce dal successo della serie dei Poveri ma belli diretti da Dino Risi; e da Totò.

Sembra tra l’altro che questi ultimi tre siano stati la chiave di volta che ha convinto i produttori a tentare l’esperimento-Gassman.
Ma la forza del film non sta soltanto in una perfetta distribuzione, né nel ritmo incalzante della sceneggiatura, perfetta come forse in nessun altro film di Monicelli. I soliti ignoti è la dimostrazione di un percorso che il cinema in Italia riesce a compiere autonomamente, senza dovere nulla al teatro o alla letteratura. Nonostante che gli interpreti, gli sceneggiatori e il regista siano gli stessi di molti altri film, esiste una profonda diversità tra questi balordi e l’umanità marginale di tante farse precedenti. Il bozzetto lascia il posto ai personaggi, e le gag si integrano con i drammi quotidiani, compresa la morte: anzi, I soliti ignoti – come ebbe ad osservare Pietro Germi – è il primo film comico dove compaia la morte. Anche il tema dell’amicizia virile, tradizionalmente estraneo alla cultura e allo spettacolo italiani ed elemento invece tipico del cinema americano, (dalla commedia all’avventura del western), si presenta come uno dei passaggi più importanti per conoscere Monicelli: il mondo maschile è visto come il mondo dell’infanzia, dove i personaggi vivono la dimensione della banda come una liberazione dalla famiglia e come dimostrazione di autosufficienza. Più tardi, in L’armata Brancaleone e soprattutto in Amici miei, Monicelli accentuerà le caratteristiche regressive di questo comportamento, osservandolo al tempo stesso con lo sguardo corrucciato con cui il vecchio Capannelle vede cadere ad uno ad uno gli amici sull’altare del lavoro e della normalizzazione.

Il successo di I soliti ignoti è incondizionato: il pubblico mostra di gradire una commedia un po’ meno brillante e un po’ più amara di quelle viste sino a quel momento, e la critica sembra accorgersi che qualcosa è cambiato. La linea è quella del prodotto medio adatto non solo all’Italia industriale e unificata, ma anche all’esportazione; il modello, favorito anche dai frequenti contatti produttivi di cui si è detto, è quello del cinema americano, al termine degli anni ’50 aperto alle problematiche sociali, dopo l’esaurimento della spinta maccartista e sull’onda del disgelo.

 

 

Luca Biscontini