L’uomo nel buio – Man in the dark: la furia cieca di Lang parte 2

A seguito di fugacissime immagini d’apertura, si sposta immediatamente ad otto anni più tardi l’ambientazione temporale de L’uomo nel buio – Man in the dark, sequel del Man in the dark diretto nel 2016 dal Fede Alvarez che si era occupato del discutibile remake del super cult La casa di Sam Raimi.

Sequel di cui proprio Raimi torna ad essere produttore – come lo era già stato nel capostipite – insieme allo stesso Alvarez, il quale lascia invece il timone di regia nelle mani del Rodo Sayagues che, qui debuttante dietro la macchina da presa, di Man in the dark era stato co-sceneggiatore al fianco del regista.

Sequel in cui apprendiamo che l’ex soldato non vedente magnificamente incarnato dallo Stephen Lang di Avatar, che avevamo conosciuto impegnato a proteggere con violenza un vero e proprio tesoro da tre ladruncoli intrufolatisi nella sua fatiscente ambientazione, vive ora in tranquillità, in compagnia di una “figlia adottata” in possesso dei connotati della televisiva Madelyn Grace. Almeno fino al giorno in cui una combriccola di tutt’altro che pacifici individui guidati da Brendan Sexton III decide di fare irruzione nella sua dimora, a quanto pare alla ricerca proprio della ragazzina.

Espediente narrativo che trascina dunque la vicenda in un’altra situazione da home invasion analoga sì a quella del lungometraggio precedente, ma dallo svolgimento totalmente diverso; a partire dal fatto che colui che avevamo inteso quasi come boogeyman non fatica qui nel manifestarsi in qualità di antieroe.

Man mano che Sayagues struttura la oltre ora e mezza in questione su pochi ma coinvolgenti momenti come quello del lungo pianosequenza in cui la piccola tenta in ogni modo di nascondersi per sfuggire ai criminali o l’altro, tesissimo, che vede la stessa in pericolo di scossa elettrica in acqua, mentre Lang si cimenta in un feroce corpo a corpo.

Fino a sfoderare a metà visione una rivelazione destinata a portare efficacemente lo spettatore a confondersi sui ruoli di vittime e carnefici; prima che provveda l’epilogo a sciogliere ogni dubbio su segreti e retroscena.

E, se lo splatter non manca davvero accentuando ancor di più le dosi di brutalità rispetto a quanto mostrato nel primo film, L’uomo nel buio – Man in the dark viene ulteriormente valorizzato dalla curatissima fotografia di Pedro Luque, in grado anche di garantire indispensabili apparizioni di taglio halloweeniano per il protagonista.

Con la risultante di un mix di thriller in salsa horror e action movie che, richiamante nel plot anche echi del mitico Commando interpretato da Arnold Schwarzenegger, sorvolando su qualche forzatura di script convince e intrattiene soprattutto grazie alla sua maniera di proporre un selvaggio spettacolo di tensione asciutto e senza troppi fronzoli. Come in un certo senso faceva negli anni Ottanta la Cannon Films di Menahem Golan e Yoram Globus (pensiamo solo alle quattro continuazioni de Il giustiziere della notte).

 

 

Francesco Lomuscio