Mr. Long: la storia dura e intima di un killer che diventa uomo

Una realtà cruda e senza sconti, in cui siamo gettati fin dalla prima scena, è la protagonista assoluta di Mr. Long, in cui, con la lentezza assoluta di tanto cinema orientale e con una delicatezza sorprendente, il regista Sabu ci fa conoscere il Sig. Long, killer e uomo.

Long (Chen Chang) non sbaglia un colpo nel suo lavoro di assassino spietato di Taiwan, fino a che non accetta un lavoro in Giappone nei bassifondi di Tokyo. Qui, dopo un‘impresa finita male, è costretto a nascondersi dai sanguinari banditi che avrebbe dovuto uccidere.

Ferito, trova rifugio nella squallida periferia della città che segna per il killer l’inizio di una nuova vita. L’occasione di salvezza gliela offre l’incontro con il piccolo Jun (Runyn Bai), che spinge Long a integrarsi nella comunità locale. L’assassino lascia il posto all’uomo. Long, personaggio dalla natura profondamente misteriosa e chiuso in un silenzio quasi inflessibile, si affeziona a Jun e a sua madre Lily (Yiti Yao), che trascina fuori dal tunnel della droga, stringe una silenziosa amicizia con una famiglia allargata del posto e apre un piccolo carretto/ristorante in cui cucina deliziosi noodles. Quando tutto sembra prendere la piega della normalità però, il passato rischia di travolgere di nuovo il protagonista.

Mr Long è una storia di dualità che si incontrano e si toccano, senza mail fondersi veramente. Il killer e l’uomo, l’adulto e il bambino, la violenza più dura e la tenerezza più intima, il dramma e la speranza, la cultura cinese e quella giapponese, le lingue diverse. Eppure, in questo incessante susseguirsi di contrasti in cui ogni parte fa da controcanto a un’altra, non c’è nulla che strida o possa sembrare forzato.

Sabu, saltando dal thriller alla storia intimistica, dal gangster movie alla commedia, riconcilia le differenze mostrando i punti di contatto di mondi diversi e costruisce una storia di fortissimo impatto visivo, intima, delicata, a tratti comica e, insieme, spietata. Una storia che emoziona dall’inizio alla fine e che, nella durezza, lascia sempre uno spiraglio di possibilità.

 

 

Valeria Gaetano