Guarda in alto: i magnifici tetti

In questo mondo ci sono cose che non hanno alcun senso, ma che sono molto importanti per noi, perché condizionano la nostra vita.

Ne sa qualcosa il giovane Teco interpretato da Giacomo”Suburra”Ferrara, assistente in un forno che fa da protagonista a Guarda in alto, primo lungometraggio diretto dal Fulvio Risuleo vincitore a Cannes della Semine de la critique grazie allo short Varicella.

Il Teco che, complice anche uno strano evento riguardante un atipico gabbiano morto e richiamante vagamente alla memoria una situazione vista in Bad taste – Fuori di testa di Peter Jackson, viene seguito da una macchina da presa in continuo movimento proprio come avviene in quasi tutti i lavori del pluripremiato cineasta neozelandese.

Una macchina da presa atta ad immortalare una vera e propria avventura sui tetti di Roma che, a cominciare da un incontro con ragazzini dai volti coperti da sacchetti che appaiono quasi in qualità di rilettura metropolitana di quelli del goldinghiano Il signore delle mosche, si concretizza, fotogramma dopo fotogramma, in un’escursione all’interno di un grottesco microcosmo popolato di personaggi decisamente fuori dal comune.

Personaggi che vanno da un apicoltore eremita incarnato dal veterano Lou Castel, abitante tra le rovine capitoline, ad una ragazza misteriosa approdata in mongolfiera dalla Francia e inseguita da un praghese, ovvero Aurélia Poirier e Ivan Franek.

Passando per suore piuttosto particolari e tirando addirittura in ballo naturisti urbani (!!!), in mezzo a tunnel e cunicoli situati in posti impensabili, tenendo dichiaratamente a mente autori letterari quali Italo Calvino e Jules Verne, ma ricordando tanto le bizzarrie di visionari maestri dei fotogrammi in movimento del calibro di Michel Gondry e Jean-Pierre Jeunet.

Il tutto, per dare progressivamente forma non a quello che potrebbe apparire in qualità di percorso di crescita, bensì ad un racconto per immagini in cui è proprio il rifiuto di quest’ultima a fare da perno centrale, con Teco in continua fuga dalla società.

Perché, come viene ribadito nel corso della circa ora e mezza di visione, c’è bisogno di meraviglia… e non manca davvero in Guarda in alto, favola immersa nel cemento della Città eterna e tranquillamente classificabile tra i maggiormente originali elaborati italiani da grande schermo degli ultimi anni, se non di sempre.

 

 

Francesco Lomuscio