Il verdetto: basato sul romanzo La ballata di Adam Henry di Ian McEwan

Il Verdetto è un film inglese basato su un romanzo del pluripremiato scrittore Ian McEwan intitolato La Ballata di Adam Henry (da edito in Italia da Einaudi, nel 2014).

Il romanziere britannico, qui anche sceneggiatore assoluto, non è certo nuovo agli adattamenti cinematografici dei suoi scritti, diventati nel tempo dei grandi classici del cinema; da Cortesie per gli ospiti a L’amore fatale, fino ad Espiazione, candidato a numerosi premi e vincitore dell’Oscar per la miglior colonna sonora.

Fiona Maye (Emma Thomson) è una giudice della Corte Suprema britannica, algida e integerrima. Apparentemente poco emotiva, è in realtà estremamente scossa dalla crisi del suo matrimonio con Jack (Stanley Tucci), che le comunica candidamente il suo intento di farsi un’amante.

Ma Fiona è troppo presa dal suo nuovo caso, quello del diciassettenne Adam Henry (Fionn Whitehead), malato di leucemia e contrario alle cure per via del suo credo, che è poi quello dei genitori, appartenenti al culto dei Testimoni di Geova. La setta proibisce loro, infatti, di ricevere trasfusioni di sangue, estremamente necessarie per chi, malato di leucemia, deve assumere determinati medicinali. Toccherà alla giudice Maye prendere in mano le sorti del ragazzo, avvalendosi del cosiddetto “Children Act”, ovvero quell’insieme di leggi britanniche che tutelano e garantiscono il benessere dei minori, scavalcando le volontà di genitori e tutori.

Tra la giudice Maye e il giovane Henry, però, si instaura un rapporto che va ben oltre la professionalità, facendo vacillare il distacco emotivo che Fiona, di solito, pone tra sé e i suoi protetti.

Intitolato in originale proprio Children Act per meglio evidenziare l’argomento principe da cui scaturisce l’intera storia, un film che tocca tematiche molto spinose.

Perché parlare di religione non è mai facile, soprattutto quando questa si intromette nella scienza e nella salvaguardia di una vita umana. Eppure McEwan affronta la tematica fideistica con una certa semplicità, preferendo di concentrarsi su ciò che viene dopo e, quindi, sulle caratterizzazioni psicologiche dei protagonisti.

Il personaggio di Fiona Maye, interpretato da una Emma Thomson in stato di grazia, trasmette tutta una serie di emozioni che non necessitano di essere verbalizzate. La Thomson parla coi suoi sguardi, con i silenzi e con le spalle curve ma raddrizzate a forza nei momenti di “spettacolarizzazione”, che la vedono giudice in cattedra dinanzi ad aule strapiene.

Il regista Richard Eyre aveva già affrontato tematiche molto delicate in opere precedenti come Diario di uno scandalo, quindi sa bene come evitare i facili patetismi o le cadute di cattivo gusto. Tutto è molto misurato, a partire dal rapporto di coppia Thomson/Tucci, che sembrano davvero marito e moglie.

La storia, in verità, è niente più che una rivisitazione del complesso di Edipo, rendendo di fatto la figura della giudice Maye (che non è mai stata madre) una novella Giocasta, genitrice indiretta di Henry, al quale salva la vita e, quindi, in qualche modo lo fa (ri)nascere.

E Fionn Whitehead, attore portato al successo dal Dunkirk di Nolan, è perfetto nei panni di un minorenne confuso, dapprima indottrinato a forza dal culto di Geova e, poi, risorto come giovane uomo pieno di dubbi e affamato di conoscenza.

Il verdetto si dimostra essere in definitiva un ottimo film, dal tipico timbro inglese e fondato sulla imponente recitazione del trittico di attori Thomson-Tucci-Whitehead.

 

 

Giulia Anastasi