Hole – L’abisso: il Babadook di Lee Cronin

Primo lungometraggio a firma del dublinese Lee Cronin, proveniente dall’universo degli short, Hole – L’abisso trascina immediatamente in un certo clima di ambiguità dall’incipit, con madre e figlio in viaggio che incrociano sulla propria strada una misteriosa donna incappucciata.

Sono Sarah e Chris, ovvero, Seána Kesrslake e James Quinn Markey, decisi a iniziare una nuova vita ai margini di una cittadina rurale dove, però, in seguito alla scoperta di un’enorme voragine nelle vasta foresta che confina con la loro abitazione, il piccolo comincia a manifestare inquietanti cambiamenti.

Del resto, man mano che fanno conoscenza con l’anziana Noreen alias Kati Outinen, risulta chiaro che la circa ora e mezza di visione intenda rientrare nello stuolo di produzioni cinematografiche riguardanti il mito dei Changeling, ossessione tipicamente irlandese basata sulla paura che i bambini possano venire scambiati.

Quindi, ulteriormente complice una sequenza che metterà a durissima prova tutti gli spettatori aracnofobici (e non solo), il piccolo Chris va di sicuro ad aggiungersi all’infinità di poco raccomandabili esseri umani in miniatura dispensati dalla Settima arte dell’orrore, che si tratti del Damien della saga Omen o del Milo in mantellina gialla protagonista dell’omonimo film diretto nel 1998 da Pascal Franchot.

Piccolo che provvede chiaramente a far salire in maniera progressiva la tensione non esclusivamente attraverso le situazioni tipiche del genere, ma anche e soprattutto tramite il sempre meno roseo rapporto intrattenuto con la genitrice, aspetto che ha spinto molti ad accostare l’operazione in questione al chiacchieratissimo Babadook di Jennifer Kent.

A ben guardare, in ogni caso, le iniziali inquadrature dall’alto lasciano pensare che sia incluso anche il kubrickiano Shining tra i modelli che hanno influenzato Cronin, il quale, supportato dalla fotografia di Tom Comerford, immerge il tutto in una cupa atmosfera accompagnata dalle suonate al piano della colonna sonora di Stephen McKeon.

Atmosfera di cui è sempre pronto a rafforzare la sensazione d’inquietudine ricorrendo abilmente al lavoro svolto sul comparto audio, testimoniando la tutt’altro che sciatta e banale regia (con tanto di analogie di montaggio) posta al servizio di Hole – L’abisso, che, non privo neppure di violente ed impressionanti visioni, si sarebbe altrimenti rivelato l’ennesimo horror da schermo a base di lenta evoluzione narrativa disturbata da occasionali jump scare (elementi comunque presenti).

 

 

Francesco Lomuscio