Alberto Fabbretti ci racconta la sua esperienza a New York

Il giovane attore Alberto Fabbretti, classe 1998 e cresciuto a Verona, dal 2018 si è trasferito a New York per rincorrere il sogno americano e, dopo aver frequentato la scuola di recitazione Susan Batson Studio ha scritto, diretto, prodotto ed interpretato uno short movie dal titolo “36 Hours in New York”.

Hai realizzato il corto 36 Hours in New York che è in concorso in ben 6 festival.  Come nasce l’idea del tuo film? 

“L’idea nacque circa un anno fa da me e un amico che conobbi qui a New York. Volevamo creare una storia che avesse qualcosa di particolare, che rispecchiasse il nostro modo di esprimerci. Abbiamo scelto il genere thriller, perché avevamo in mente di creare tre personaggi che avessero avuto un passato difficile, nel caso del nostro film li abbiamo identificati poi come degli ex-criminali. Volevamo allo stesso tempo creare qualcosa con le nostre mani e vedere dove sarebbe andato. L’idea finale è stata di creare un prodotto in cui l’audience avrebbe potuto riconoscersi in modo indiretto e che si rivelasse solo nel finale, che è un grande colpo di scena. Emblematico è infatti il protagonista, Louis, da me interpretato, che pur avendo chiuso con l’attività criminale da molti anni, sa che deve portare a termine un ultimo colpo, in nome di un bene superiore, che per lui è fondamentale, anche se deve rivedersi criminale, contro la sua volontà”.

Il corto è interamente realizzato da te. E’ stato difficile dirigerlo, interpretarlo e produrlo? 

“Nella primissima fase di scrittura della storia eravamo in due, poi ho dovuto proseguire da solo. Ho così scritto il copione che abbiamo poi rivisto con le altre due attrici. L’abbiamo cambiato molte volte. Abbiamo cercato di adattare la storia ad un thriller che però fosse anche comico in certi punti. I colori sono molto scuri in alcune scene, tanto che rimandano ad uno stile noir, ma c’è una grande comicità che nasconde il passato dei personaggi, le loro sofferenze e i sogni che vorrebbero realizzare. Mi sono cimentato anche nella regia e nella distribuzione nella fase di editing. È stato un processo lungo e impegnativo, compresa la fase di post- produzione e di editing. In tutto ci ho messo un anno. Il personaggio di Louis mi è sempre piaciuto molto, non si capisce mai esattamente da che parte stia. È stato difficile da preparare, ma ho studiato tutti e tre i personaggi in modo che lasciassero una vasta libertà di interpretazione”. 

Da due anni vivi a New York. Com’è cambiata la tua vita? 

“È cambiata molto, credo che il luogo in cui si vive sia molto rilevante. Molte cose sono cambiate perché ciò che è attorno a te cambia, questo ti aiuta a chiarire le idee su cosa veramente ti piaccia e anche a diventare una persona migliore. New York mi piace molto, è una città particolare, molto bella in ogni stagione ed offre tutto ciò che una persona possa desiderare. Viverci è diverso rispetto a solo visitarla, perché ti rendi conto di cosa significa hai modo di apprezzarla ancora di più per ciò che è”.

Qual è il tuo sogno nel cassetto? 

Fare l’attore. Richiede tempo, dedizione e passione. È ciò che voglio fare e continuare di giorno in giorno ad impegnarmi in questo è il modo per migliorare sempre più. 

Con quale regista vorresti lavorare? 

“Ce ne sono tanti e allo stesso tempo non vorrei lavorare con nessuno in particolare.  Lavorare con un bravo regista credo sia per un attore il desiderio più grande, qualunque egli sia. Mi piacerebbe lavorare con qualcuno di molto professionale, che costruisca il personaggio con l’attore e con cui ci sia un gran feeling. Può essere chiunque”.