Alive In France: l’Abel Ferrara musicista

Per lui, in un film il suono è tutto. Non stupisce, quindi, che, al di là della sua carriera dietro la macchina da presa, il cineasta Abel Ferrara abbia dedicato molto del proprio tempo alla musica.

Ce lo racconta tramite Alive in France, candidato al premio L’Œil d’Or per il miglior documentario presso il settantesimo Festival di Cannes e in cui, appunto, oltre che al timone di regia lo troviamo nelle inedite vesti di cantante e musicista.

Perché, man mano che ricorda di quando, negli anni Sessanta, ascoltava, tra gli altri, gli Young Rascals e Aretha Franklin, ripercorre il tour francese in cui ha eseguito dal vivo le colonne sonore dei propri film più importanti, in occasione della rassegna riguardante il suo cinema promossa dalla Cinémathèque de Toulouse.

Tour affrontato insieme agli storici amici e collaboratori Paul Hipp e Joe Delia (quest’ultimo buffamente somigliante a Mick Jagger), qui alternato a frammenti di vita quotidiana e retroscena inediti relativi all’esistenza dell’autore di King of New York e L’angelo della vendetta.

E, mentre vengono rievocati i tempi dell’esordio registico The driller killer e si osserva come New York sia una città ambigua, elusiva e in continuo cambiamento, è una miscela di concerto rock, backstage e sguardo sui rapporti che legano lo stesso Ferrara ai suoi compagni di viaggio – comprese l’incantevole figlia e la moglie, ovvero la giovane attrice Cristina Chiriac – a caratterizzare il tutto.

Compagni di viaggio tra i quali fa la propria apparizione anche l’attore Richard Blazer; nel corso di quasi un’ora e venti di visione che, nell’assemblare una scaletta compresa tra la New York doll estratta da Paura su Manhattan e la Dee Dee Ramone proveniente da una scena tagliata di Chelsea on the rocks, concede soprattutto nella sua seconda parte maggiore spazio all’esibizione.

Con incluse la memorabile Midnight for you presa da China girl e la Put in writing scritta appositamente per Alive in France, all’insegna di un’operazione atta a ritrarre il legame intimo tra Settima arte e colonne sonore… tanto che, senza perdere mai il proprio curioso senso dell’umorismo, il grande Abel spiega che sono stati i budget limitati messi a disposizione per i suoi lungometraggi a spingerlo a comporre pezzi originali insieme agli altri della band, altrimenti avrebbe acquistato i migliori brani dei Rolling stones.

 

 

Francesco Lomuscio