Almodóvar Collection: Warner Bros celebra l’acclamato regista spagnolo con un cofanetto dvd comprendente sei dischi

Portabandiera del cinema spagnolo, grande decantato autore di questo paese europeo e trionfatore agli Oscar per due volte (nel 1999 miglior film straniero per Tutto su mia madre, nel 2002 miglior sceneggiatura originale per Parla con lei), Pedro Almodóvar è sempre quel prezioso e creativo regista che abbiamo imparato a conoscere nel tempo, affezionandoci alle sue bizzarrie e al suo modo di osservare i drammi interiori delle persone, soprattutto se si tratta di donne.

Lui il proprio sguardo femminile ha sempre saputo esporlo con poesia e un pizzico di ironia, appoggiandosi ad una visione pregna di colori e di fantasia scenica, marchio di fabbrica del suo occhio estroso e divertito, ma mai abbastanza esagerato quando si tratta di mantenere i toni per un sentito discorso emotivo.

A ridosso del Leone d’oro alla carriera conferitogli alla Mostra d’arte cinematografica di Venezia 2019, Warner Bros gli dedica lo splendido cofanetto dvd Almodóvar Collection, racchiuso in slipcase cartonato  e contenente sei titoli.

 

Volver – Tornare (2006)

Le sorelle Raimunda (Penelope Cruz) e Sole (Lola Duenas) sono molto unite, soprattutto dopo che hanno perso i propri genitori durante un incendio, tragedia che le ha segnate a vita. Le due sono andate ad abitare a Madrid, seguendo delle esistenze parallele ma saltuariamente distanti, salvo quando si tratta di prendersi cura della loro anziana zia Paula (Chus Lampraeve). Dopo la morte di quest’ultima, però, accadono eventi assurdi per le due sorelle: Raimunda cerca di salvare la propria figlia adolescente, dal momento in cui quest’ultima ha ucciso per difesa il patrigno Paco (Antonio de la Torre), che la voleva violentare, quindi le due decidono di occultare il cadavere; Sole, invece, scopre con grande sorpresa che, a detta di alcuni, lo spirito di sua madre Irene (Carmen Maura) si aggira per il paese, fino a scovarla nascosta in un auto. Il ritorno della donna fa emergere dei sentimenti e conseguenze che riportano alla luce diverse verità, emozioni uniche che nessuno al mondo potrà dare meglio dell’amore materno.

Con il suo occhio rivolto all’universo femminile a lui caro, Almodóvar mette in piedi questa apparentemente assurda trama tempestata di sentimenti profondi mettendo a confronto diverse generazioni di donne, tutte legate da un filo conduttore che porta all’amore di una madre. Un inno alle seconde occasioni, un titolo che folgora per la sua sincerità d’animo quando riesce a miscelare dramma e ilarità, senza che un elemento sovrasti mai l’altro. Fino a sfociare in un omaggio a Bellissima di Luchino Visconti, quando passa in tv verso l’epilogo della vicenda.

Aggiudicatosi al Festival di Cannes una Palma per il gruppo di attrici protagoniste e una per la sceneggiatura, il film ricevette anche una nomination agli Oscar per la miglior attrice, andata alla Cruz.

Volver a Cannes (sedici minuti sulla presenza al festival), Pedro Almodóvar intervista le attrici (trentasette minuti di scambi di opinioni tra il regista e le sue interpreti), galleria fotografica, locandine alternative, ttrailer, cast e tecnici sono i contenuti extra del dvd.

 

Gli abbracci spezzati (2009)

Perduta la vista a causa di un incidente, il regista Mateo Blanco (Luis Homar) si è ormai ritirato dalle scene e realizza esclusivamente romanzi e sceneggiature sotto lo pseudonimo di Harry Caine. D’improvviso si fa vivo un giovane filmmaker di nome Ray X (Rubén Ochandiano), che gli propone di concepire un’opera che possa denigrare suo padre, potente uomo ormai deceduto e col quale aveva un rapporto molto difficile. Mateo riconosce dalle parole del giovane che l’uomo in questione altri non è che Ernesto Martel (José Luis Gomez), influente produttore con cui l’ex regista ha avuto modo di lavorare, e i ricordi cominciano ad accavallarsi tornando agli anni Novanta, con tanto di scoperta di un intreccio amoroso tra Blanco e Lena (Penelope Cruz), donna di Martel. Una situazione che non portò nulla di buono nel rapporto tra loro, tanto che vennero fuori conseguenze imprevedibili testimoniate dalla visione di un film che non ha mai visto la luce.

Sesso, morte, cinema e famiglia. Almodóvar stavolta miscela temi a lui cari portando in scena una tragica storia d’amore vissuta tra passato e presente e sfruttando personaggi afflitti da sensi di colpa e desiderio di rivalsa, senza però fare i conti con il destino avverso.

Approfondendo un discorso quasi metacinematografico, l’autore di Donne sull’orlo di una crisi di nervi azzarda a giochetti narrativi e tecnici che possano giostrare tale racconto tra mistero e sentimentalismo, agguantando lo spettatore per la gola e mostrandogli un intreccio filmico che si conclude come un allegorico viaggio atto ad elogiare la validità della Settima arte, grazie anche alla profonda interpretazione dell’immancabile Cruz.

Un teaser e cinque minuti di dietro le quinte sulla realizzazione di un momento del film fanno da contenuti speciali.

 

La pelle che abito (2011)

Il professor Robert Ledgard (Antonio Banderas) è un luminare della chirurgia estetica, un conoscitore di ogni minimo dettaglio dei volti umani e dei loro copri, pronto sempre all’avanguardia se si tratta di sperimentare. Nella sua lussuosissima villa, infatti, l’uomo tiene una ragazza di nome Vera (Elena Anaya), la quale gli fa spesso e volentieri da cavia per ogni tipo di prova di pelle sintetica da provare. E tra i due si è instaurato un rapporto morboso, ossessivo, che cela un segreto profondo e drammatico facente parte del passato di entrambi. Chi è Vera? E perché Robert tiene a lei in modo così maniacale? La risposta è nei ricordi, con un dramma che ha segnato il destino di tutti e due.

Traendo ispirazione dal romanzo Tarantola di Thierry Jonquet, Almodóvar tenta di sconfinare verso un cinema visceralmente horror, proponendo una trama che riecheggia il senso di morboso e la struttura di un vecchio classico quale è Occhi senza volto di Georges Franju, inserendovi poi ogni elemento caro del suo cinema.

Anche qui erotismo e follia si attorcigliano come niente fosse, senza dimenticare l’amore per la famiglia, tanto caro al cineasta ispanico e sempre presente nella sua vasta cinematografia.

Un intenso e allucinante (e allucinato) Banderas riempie le scene in questo morboso thriller bizzarro, accostato dalla bellezza perfetta della Anaya (vista già vampira nel blockbuster Van Helsing) e dalla sempre brava Marisa Paredes, qui nei panni della domestica Marilia.

Trailer e teaser sono i contenuti extra.

 

Gli amanti passeggeri (2013)

Benvenuti sull’aereo più folle del mondo, un Airbus A340 della nota compagnia (fittizia) Penisula, diretto a Città del Messico e partito da Madrid: un convoglio che, tra addetti e passeggeri, conta un nutrito gruppo di persone al di là del pensabile, coinvolti in una situazione scomoda quanto bizzarra. A causa di un’avaria, il velivolo deve tentare un atterraggio di emergenza e, nell’attesa di dover trovare una pista adatta per la manovra, sarà costretto a girare in tondo nel cielo di Toledo, ottimizzando i tempi per un soccorso adeguato. In questo lasso di tempo ne succedono di tutti i colori, dall’abuso di droghe leggere all’emersione di amori nascosti e mai dichiarati, soprattutto tra gay, fino al cambiamento emotivo che ognuno di questi singoli personaggi subirà una volta messi i piedi a terra.

Desideroso di una sterzata di semplicità e di risata fine a se stessa, Almodóvar ricorre alla sua personale ironia per confezionare un lungometraggio allegro e leggero, intriso di protagonisti sopra le righe e resi da un gruppo di attori di nota fama spagnola (Javier Camara, Raul Arevalo, Carlos Areces, Cecilia Roth), più un tris di nomi famosi anche oltreconfine (fugace apparizione per Antonio Banderas, Penelope Cruz e Paz Vega).

Un lungometraggio che, tra giri di vite coinvolti in vicende amorose e una “gaia” voglia di esplodere in colori ed emozioni, mette a nudo il lato prettamente comico dell’autore di Tacchi a spillo.

Mai come in questo titolo, infatti, abbiamo visto dietro la macchina da presa un Almodóvar così divertente e divertito, e, forse, raramente vi sarà modo di vederlo di nuovo, considerando che quest’opera si rivela la più frizzante della sua intera filmografia.

Making of di cinque minuti nella sezione extra.

 

Julieta (2016)

Donna ormai prossima ad un trasferimento in Portogallo, Julieta (Emma Suarez), prima di partire, fa il casuale incontro con un’amica di sua figlia Antia, fuggita via all’età di diciotto anni senza aver lasciato notizie di se stessa. Si viene a sapere, così, che quest’ultima ha una figlia e che è stata vista nei pressi del Lago di Como; piccoli dettagli che la spingono a rimandare il viaggio per chiudersi in se stessa, intraprendendo un lungo percorso mentale in cui si lascia trasportare dai ricordi, pensando a quando da giovane (Adriana Ugarte) ha incontrato l’amore grazie al pescatore Xoan (Daniel Grao), col quale mise al mondo una bambina. Un’esistenza che sembrava non aver nessun ostacolo, se non fino a quando una tragedia ha segnato per sempre i rapporti tra la forte Julieta e la decisa Antia, in mezzo a risentimenti e dubbi incancellabili.

Prendendo ispirazione da tre racconti di Alice Munro intitolati Fatalità, Fra poco e Silenzio (quest’ultimo anche titolo di lavorazione del film), Almodóvar torna al suo caro “cinema delle donne” (pur non avendolo mai abbandonato definitivamente) raccontando la storia di questa forte figura femminile piena di drammi interiori, ma anche di (in)certezze, di ostacoli da oltrepassare. Con un titolo dagli ovvi toni shakespeariani, il buon Pedro inscena un dramma intenso tornando su passi a lui carri, come quelli del rapporto madre/figlia, e costruendolo su misura sulle calibrate attrici (un brava Suarez e una solare Ugarte, più la partecipazione di un volto almodovariano come quello di Rossy de Palma).

Con un making of di dieci minuti nella sezione riservata ai contenuti speciali.

 

Dolor y gloria (2019)

Personaggio dai drammi interiori molti intensi, Salvador Mallo (Antonio Banderas) è un acclamato regista ormai afflitto dai vari mali fisici che lo mettono in ansia, gran parte dei quali di natura psicosomatici. La proiezione di un suo vecchio film in un cineforum, però, lo costringe ad incrociare di nuovo il cammino con Alberto (Asier Etxeandia), protagonista dell’opera in questione, nonché ex amante di Salvador stesso, con il quale, ormai, i rapporti si sono interrotti definitivamente. Un incontro che fa rinascere vecchi sentimenti e ricordi nella coppia, una serie di circostanze che Salvador non potrà fare a meno di sentire proprie, amplificando la sua memoria verso l’infanzia, quando era sempre dietro l’amorevole presenza della premurosa madre Jacinta (Penelope Cruz), o quando arrivò al successo con i suoi film nei primi anni Ottanta.

Dire che vi sono semi di pura autobiografia in questo sentito lungometraggio è dire poco, quindi è lecito riconoscere la figura di Almodóvar nel protagonista interpretato da un Banderas mai così bravo (non a caso, il Festival di Cannes lo ha consacrato miglior attore nell’edizione 2019); ma ciò che maggiormente ammalia e attira l’attenzione è la maniera in cui anche in questa occasione l’autore di Lègami sia riuscito a regalarci un dichiarato atto amore per tutto quello che sente suo, che si tratti della Settima arte o dell’immancabile amore materno, miscelandoli tra passato e presente.

Il buon Pedro, quindi, assesta un colpo niente male all’interno della sua filmografia, analizzando alla perfezione determinati rapporti conflittuali tra l’uomo e l’artista che è Salvador, senza mai perdere il controllo emotivo del caso.

Tutto è livellato e pensato affinché lo spettatore possa credere che ogni fotogramma riguardi anche l’esistenza di Almodóvar, il quale ha ammesso che il film è ispirato ad alcuni suoi ricordi d’infanzia, e per rendere al massimo della umanità questa parte del racconto decide di affidare il ruolo della madre ad un’altra affezionata del suo cinema, ovvero la Cruz.

Con il trailer e un making of di diciassette minuti a fare da contenuti speciali, un titolo che difficilmente dimenticherete.

 

Mirko Lomuscio