Disponibile su RaiPlay Divorzio all’italiana di Pietro Germi, con Marcello Mastroianni

Disponibile su RaiPlay Divorzio all’italiana, un film del 1961 diretto da Pietro Germi. Presentato in concorso al Festival di Cannes 1962 vinse il premio come miglior commedia e ottenne anche tre candidature all’Oscar, vincendo la statuetta per la miglior sceneggiatura originale. La sceneggiatura del film fu scritta da Ennio De Concini, Pietro Germi, Alfredo Giannetti e Agenore Incrocci, quest’ultimo non indicato nei titoli di testa. Con questo film Pietro Germi, dai toni più drammatici dei primi film della sua carriera passa alla commedia e alla satira. Il successo fu tale che fu proprio parafrasando il titolo di questo film che venne coniato il termine Commedia all’italiana, che caratterizzò gran parte della produzione cinematografica italiana degli anni sessanta e settanta. Con Marcello Mastroianni, Stefania Sandrelli, Daniela Rocca, Leopoldo Trieste, Lando Buzzanca, Odoardo Spadaro, Margherita Girelli.

Trama
Un barone siciliano, Ferdinando Cefalù, si innamora di Angela, una cugina sedicenne da cui peraltro è ricambiato. L’unico ostacolo è rappresentato dalla moglie di Ferdinando, Rosalia, una donna brutta e petulante. L’arrivo del pittore Carmelo Patané, vecchio amante della moglie, sembra poter mettere a posto le cose.

Probabilmente uno dei migliori film di Pietro Germi, che affonda la lama nella psicologia e nella sociologia siciliane, come se il regista fosse espertissimo conoscitore dell’ambiente. Ma, oltre alla maestria da sociologo, che proviene anche da una sceneggiatura pressoché perfetta, Germi dimostra, per l’ennesima volta, una grande perizia registica. Il racconto è serrato e i colpi di scena si susseguono con studiata frequenza, punteggiati dalla voce fuori campo dell’avvocato De Marzi che, con linguaggio tipicamente forense, commenta le sequenze, sempre pronto a cambiare il corso della propria arringa a seconda delle immagini che scorrono sullo schermo. E una delle ricchezze del film è senza dubbio la varietà dei registri linguistici utilizzati, da quello del pigro nobilastro (genialmente interpretato da Marcello Mastroianni) a quello da romanzo d’appendice della moglie, passando per quello intellettualoide del pittore, fino a quello, tutto fatto di ammicchi e sottintesi, del mafioso Mattara.

Si tratta del terzo film di ambientazione siciliana del regista, che poi sarebbe tornato su un tema simile anche col successivo Sedotta e abbandonata. Molto del merito è da attribuire a una sceneggiatura di grande ricchezza per ciò che concerne la caratterizzazione psicologica dei personaggi, nonché a uno sfondo ambientale reso in maniera vivida e penetrante, tanto che il copione firmato da Germi, De Concini e Giannetti vinse un meritato Oscar, sulla scia del successo ottenuto dal film anche in America. L’intreccio è curato abilmente nei minimi dettagli, le sequenze oniriche in cui il barone Cefalù sogna di uccidere la moglie sono divertenti e allo stesso tempo inquietanti, l’inclusione di alcune notazioni di costume, come ad esempio nella scena che ci ricorda il clamore suscitato dall’uscita de La dolce vita di Federico Fellini, risulta senz’altro azzeccata.

In Divorzio all’italiana si manifesta il cinema per eccellenza, che, con naturalezza, porta sullo schermo l’invisibile. La cinepresa di Germi ci accompagna in un viaggio, finemente tratteggiato attraverso il mondo interiore del protagonista che racchiude, in gestazione, il seme della realtà a venire. L’anima di questo film è fatta del filo di pensieri e della catena di emozioni che preparano la storia; i punti di svolta della vicenda sono le idee e le intuizioni, che generano i sogni e si sedimentano, pian piano, in progetti che stuzzicano la fantasia, acuiscono l’attenzione e si mettono all’inseguimento delle occasioni. In questa vicenda italica, la critica sociale è affidata a un geniale espediente narrativo: il moralismo e l’arretratezza dei costumi, ufficializzati dal codice penale, diventano, nelle mani di Fefè, strumenti astutamente usati per attuare un piano criminale mirante, in realtà, ad aggirarli. Un capolavoro grottesco e visionario.

 

 

Luca Biscontini