Capitolo conclusivo della trilogia esistenziale iniziata con First reformed – La creazione a rischio e proseguita attraverso Il collezionista di carte, Il maestro giardiniere è un film di Paul Schrader interpretato da Joel Edgerton, Sigourney Weaver e Quintessa Swindell.
Il film doveva essere inizialmente girato in Australia, ma è stato successivamente realizzato in Louisiana a causa della pandemia che ne ha ritardati i tempi.
Cupo, intenso, catartico: il protagonista è Narvel, un solitario giardiniere che cura gli splendidi Gracewood Gardens, si divide tra le proprie adorate piante e la sua padrona, di cui è anche l’amante occasionale. Ma, quando Norma gli chiede di assumere come apprendista la sua problematica pronipote Maya, il doloroso passato di Narvel viene a galla mediante una serie di flashback e per lui è il momento di fare i conti con la violenza e l’odio della sua vita precedente. Joel Edgerton è un antieroe esistenziale che si redime attraverso l’amore, e di questa redenzione il regista tesse le fila fin dalla prima inquadratura, lasciando percepire il dolore e il desiderio di tornare a vivere di un uomo appassionato e cupo al tempo stesso e di una giovane vessata da una famiglia inesistente e dallo spettro della droga.
Due anime perse che si incontrano, si avvicinano, si innamorano di un amore apparentemente impossibile. La meravigliosa villa coloniale in cui è ambientata la vicenda reca in sé lo spettro di un periodo storico ancora estremamente vivido negli Stati Uniti, e quello del razzismo sembra traspirare da ogni parete. Di contro, il giardino è un luogo magico, in cui tutte le brutture della vita e della società, passata e attuale, sembrano eclissarsi di fronte al verde rigoglioso degli arbusti e ai colori sgargianti dei fiori. La metafora della vita sotto forma di giardinaggio attraversa tutta la narrazione: “giardinaggio significa credere nel futuro” spiega infatti Narvel.
Giardinaggio come cambiamento, come vita che evolve. È interessante il messaggio di Schrader, che del film è anche sceneggiatore, perché offre numerosi spunti di riflessione e punta i riflettori, inoltre, sulla poesia legata al mondo della natura e dei fiori in particolare e sull’importanza della terra e del legame viscerale dell’uomo con essa. Il ritmo scorre lento e lentamente sembrano muoversi gli stessi protagonisti de Il maestro giardiniere: la musica grave e carica di tensione accompagna le immagini fino al culmine drammatico, mentre un’aura surreale e onirica ammanta tutta la vicenda. Poi, passata la tempesta, la voce squillante di Mareba chiude il film con la bellissima Space and time.
Daria Castelfranchi
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