Le corse della morte in limited edition blu-ray con la trilogia Death race

Attraverso il cofanetto limited edition a tre blu-ray Death race – La trilogia, corredato di booklet all’interno della confezione, la collana Midnight Factory di Koch Media prosegue il proprio lodevolissimo lavoro di scoperta e riscoperta della Settima arte di genere, soprattutto horror.

Tre blu-ray dispensatori ciascuno, ovviamente, di un tassello del trittico aperto nel 2008 dal Paul W.S. Anderson regista di Resident evil tramite Death race, sulla carta rifacimento di Anno 2000 – La corsa della morte che, firmato trentatré anni prima da Paul Bartel, incluse nel cast addirittura un non ancora famoso Sylvester Stallone.

Sulla carta, giusto, perché, pur vantando alla produzione esecutiva lo stesso re dei b-movie Roger Corman che ricoprì il medesimo ruolo nell’originale barteliano, più che di remake il film di Anderson sembra proporsi in qualità di sequel.

Del resto, mentre nel bizzarro mix datato 1975 di rozza fantascienza, commedia ed esplicito attacco ai media avevamo il compianto David Carradine nei panni del pilota sfigurato Frankenstein che, con il volto nascosto sotto una maschera di ferro, affrontava un’assurda gara automobilistica in cui a vincere era chi investiva più pedoni, Death race sembra quasi proseguire dalla sua morte.

Non a caso, è proprio la ricerca di un nuovo Frankenstein ad essere posta al centro di un’ora e cinquanta circa che, tirato in ballo l’action man del grande schermo Jason Statham nella parte di un ex pilota della Nascar, ingiustamente condannato per l’omicidio della moglie e rinchiuso in un carcere di massima sicurezza, lo vede costretto dalla direttrice (la Joan Allen di Face/Off – Due facce di un assassino) a correre nella competizione del titolo, a bordo di auto tecnicamente modificate e armate di mitraglie e lanciafiamme.

Man mano che Natalie Martinez fa da sexy “compagna di sgommate” al protagonista in uno scenario futuristico dal sapore post-atomico e che, a differenza del capostipite, dal punto di vista dei contenuti all’avanguardia per il periodo in cui venne realizzato, risultano facilmente intuibili influenze provenienti da classici quali 1997: Fuga da New York di John Carpenter e la saga Mad Max, in particolar modo per quanto riguarda i corazzatissimi automezzi.

Con un efficacemente rinnovato messaggio anti-reality e l’azione e la spettacolarità a farla da padrone in un’esplosiva miscela di lamiere contorte, effetti pirotecnici e un pizzico di splatter; in questo caso accompagnata nella sezione extra da diciannove minuti di making of, quasi otto riguardanti gli stunt e commento audio di Anderson e del produttore Jeremy Bolt.

I Bolt e Anderson che, ancora con il citato Corman alla produzione esecutiva, figurano in qualità di produttori di Death race 2 e Death race – Inferno, entrambi concepiti direttamente per il mercato dell’home video dallo specialista in sequel a basso costo Roel Reiné, da Presa mortale 2 a Senza tregua 2.

Non continuazioni di Death race, in realtà, bensì due prequel orfani di Statham rispettivamente datati 2010 e 2013; il primo dei quali, qui corredato di commento audio del regista, sei minuti di making of, nove incentrati sulla realizzazione delle sequenze acrobatiche, sette relativi ai veicoli presenti nel film e quasi sei di scene eliminate, introduce un Luke Goss lavorante per un boss della malavita interpretato da Sean Bean.

Un Luke Goss che, spesso ingaggiato per missioni che richiedono fughe veloci, finisce nel carcere di cui sopra dopo che alcuni poliziotti vengono uccisi durante una rapina.

Ritrovandosi al centro di un serratissimo insieme destinato proprio a delineare sia la nascita della Death race, in principio semplice sorta di arena in cui far affrontare all’ultimo sangue molto poco raccomandabili individui, che quella del personaggio di Frankenstein.

Insieme che recupera dal primo capitolo Frederick Koehler e che aggiunge agli attori il Ving Rhames di Pulp fiction, Danny”Machete”Trejo e la bella Tanit Phoenix, tutti e quattro di ritorno anche in Death race – Inferno, come pure Goss.

Una terza avventura in cui Frankenstein, a una sola vittoria dalla conquista della libertà, viene trascinato nella più feroce competizione di sempre, nell’infernale deserto sudafricano del Kalahari.

Uno scenario che lo porta a scontrarsi non solo con il manipolo di spietati avversari, ma anche e soprattutto con le potenti forze propense a lavorare nell’ombra per assicurare la sua sconfitta.

All’insegna del consueto intrattenimento sfrenato che, in mezzo ad abbondanza di scontri corpo a corpo, esplosioni e probabili strizzate d’occhio al quinto Fast & furious, non risparmia neppure la indispensabile dose di gore, giostrata tra decapitazioni e individui schiacciati o deflagrati in maniera impressionante.

Fino all’epilogo inaspettatamente ricco di sorprese di uno spettacolo dai contenuti speciali rappresentati da commento audio di Reiné, un inizio alternativo, dieci minuti di making of, sei sulle nuove vetture, quasi dodici di scene eliminate e cinque di featurette Quando l’arte imita la vita: Goldberg, riguardante Trejo.

 

Francesco Lomuscio