Luciano Varnadi Ceriello: un disco come fosse una radio

Ascoltiamo con piacere, simpatia e tantissimo gusto italiano che si lascia intercettare dentro le pieghe di particolari minuziosi che sembrano provenire, manco a dirlo, dalla grande scuola d’autore genovese. E la sua voce poi sa come cercare esattamente quelle direzioni. Luciano Varnadi Cariello, ovvero il “cantautore dai 2 cappelli”, torna sulla scena discografica con un disco dal titolo “Radio Varnadi 2.0 Family Edition”: ed è come se fosse la programmazione radiofonica di una intera giornata, tra canzoni e lanci vocali, dentro un suono leggero italiano scanzonato, impegnato e collettivo visto che tutto il disco è stato realizzato in casa dal lui e dai suoi figli. Se esiste un bello da trovare dentro le infernali pieghe delle restrizioni eccole…
Cantautore, scrittore, artista di lunghissimo corso della parola e della sua forma, del pensiero come del suono. Inevitabile riportare a casa interviste lunghe e impegnative, contro ogni aspettativa di questa “strana legge del contrappasso”

Noi iniziamo sempre parlando di bellezza. Per il cantautore dai 2 cappelli, cos’è la bellezza?
La bellezza è ciò che appaga i sensi, che fa gioire, che manda in estasi. Ogni cosa che ci gravita intorno è ammantata di bellezza, basta soltanto volerla ricercare. Amo la bellezza velata, la bellezza dell’anima, quella da dover scoprire e quella dell’arte eterna, immortale. A tal proposito voglio raccontare della piacevole sindrome di Stendhal che mi colse quando mi recai per la prima volta a vedere gli affreschi della Cappella Sistina. Avevo 23 anni ed ero fresco dei miei studi universitari. Percorsi l’intero tragitto dei Musei Vaticani spinto da una strana forza attrattiva che mi portava a desiderare di raggiungere quanto prima il capolavoro di Michelangelo. Quando giunsi al termine del percorso entrai nella Cappella Sistina, alzai lo sguardo verso l’alto e mi bloccai. Rimasi diverse ore con la testa rivolta al soffitto, immaginai Michelangelo che dipingeva disteso sull’impalcatura, lo immaginai quando scese, guardò il suo lavoro e decise di ingigantire i corpi. Poi, come destato da un piacevole sogno mi svegliai e andai via. Appena uscito dal cancello sentii l’esigenza di entrare di nuovo e vedere ancora una volta quei meravigliosi affreschi, feci di nuovo tutto il percorso dei Musei Vaticani e giunto alla Sistina rimasi ancora tanto tempo con lo sguardo rivolto verso l’alto, fin quando i guardiani mi invitarono a uscire perché era giunta l’ora della chiusura. Questo è stato per me il momento più intenso per quanto riguarda la “bellezza artistica”. Riguardo la “bellezza terrena”, l’acme l’ho toccato quando ho visto mia moglie con l’abito bianco varcare il portone della chiesa e venire verso di me che la aspettavo sull’altare.

E lo chiedo anche allo scrittore Luciano Varnadi: quanto la bellezza della forma incide sul contenuto?
Se parliamo di prosa, la bellezza della forma spesso non incide sul contenuto, ci sono libri scritti benissimo che nascondono miseri contenuti e il contrario, spesso forma e contenuto sono avulsi dal contesto. C’è da dire però che di certo una buona forma aiuta a rendere fruibile e piacevole il contenuto di una storia. Riguardo la poesia sono molto attratto dalla metrica e dalla ritmica del verso. In questo caso, la bellezza della forma può di sicuro incidere sull’armonia prosodica. Per ciò che riguarda la mia produzione letteraria, cerco di scrivere i romanzi con uno stile fluido, scevro da ampollosità e boriose ostentazioni. Io amo raccontare “storie” e cerco di renderle quanto più fruibili possibile ai miei lettori. Riguardo la poetica, negli ultimi anni mi sto lasciando trasportare dalle melodie dei grandi compositori classici, le loro note fanno nascere in me le parole, scrivo infatti testi con corrispondenza sillabica sulle musiche dei mostri sacri della musica classica.

2 Cappelli… un moniker ma anche un modo di stare al mondo direi. A parte la scena dei cappelli, che significato di vita ha… se ce l’ha…?
Sono nato a Rovigo, ho vissuto la mia adolescenza e buona parte della giovinezza a San Giuseppe Vesuviano in provincia di Napoli e adesso vivo in provincia di Avellino. Mia madre è rodigina e mio padre era napoletano. Ho sempre sentito in me la necessità di trovare un simbolo che includesse in sé le mie due patrie, quella di nascita e quella di appartenenza, sospeso così come sono tra l’Italia del Nord e quella del Sud. Mi sono così inventato il cappello a doppia falda, meglio conosciuto come “i 2 cappelli”, che simboleggia le mie due patrie, per cui di conseguenza, vuole essere una rappresentazione dell’Italia intera.

Il suono di questo disco prende tanto a prestito dalla canzone d’autore italiana degli anni d’oro. Sono queste le giuste radici oppure dobbiamo parlare di altro?
Ho cinquant’anni e di certo la canzone d’autore italiana degli anni d’oro appartiene alle mie radici. Mi sono formato e sono cresciuto ascoltando De André, Iannacci, Guccini, Gaber, Graziani, Battiato, ma miei compagni di viaggio e di crescita musicale sono stati anche gruppi o cantautori underground come i CCCP Fedeli alla Linea mutatisi poi in CSI (Ho ben apprezzato tutto il catalogo artistico del Consorzio Produttori Indipendenti), Faust’ò, Fanigliulo, i vari gruppi prog, primi su tutti PFM e BMS (Riguardo quest’ultimo gruppo, nel brano IL FUOCO è presente Tony D’Alessio, attuale voce del Banco de Mutuo Soccorso) per cui da loro ho imparato tanto. RADIO VARNADI 2.0 FAMILY EDITION è un album nel quale mi sono divertito insieme ai miei figlie e ai miei amici (Zorama, Eddy Arrea, Vera Mignola, Rita Colursi e il già citato Tony D’Alessio). Dopo la scrittura di 3 romanzi (l’ultimo dei quali “IL SEGRETO DI VIVALDI” uscirà a settembre 2021), dopo la scrittura di oltre 100 testi su musica classica (21 Notturni di Chopin, 48 romanze senza parole di Mendelssohn, 12 movimenti de “Le quattro stagioni” di Vivaldi, 9 brani di Satie tra Gnossienne e Gymnopedie, vari testi scritti su musica di Beethoven, Rachmaninov e Grieg) e l’uscita dell’album “ONIRIC CHOPIN ProsiMeloMetro N. 1” inciso insieme a Juri Camisasca, al Maestro Giuseppe Giulio di Lorenzo e alla vocalist Vera Mignola, ho sentito l’esigenza di produrre qualcosa di più “leggero” e ho così deciso, sotto la spinta dei miei familiari, di incidere il secondo capitolo della trilogia dedicata al mondo delle radio (il primo capitolo è intitolato RADIO VARNADI ed è uscito nel 2009). Adesso però, per come stanno andando le cose, credo che il terzo capitolo non lo farò uscire mai, perché con RADIO VARNADI 2.0 FAMILY EDITION sto subendo una censura mediatica da parte delle varie piattaforme musicali, Spotify su tutte. Si potrà notare che il disco non si trova sulle principali piattaforme, ma non per mio volere o per volontà del mio produttore. È che i distributori della Believe che hanno in carico l’album, mi hanno detto che non è possibile caricarlo perché contiene speaker e spot pubblicitari. Io ho risposto che gli spot sono fittizi, pubblicizzano infatti RADIO VARNADI che è una radio che non esiste, ma hanno risposto che le nuove regole non permettono il caricamento del disco perché potrebbe contenere “occulti spot pubblicitari”. Ho scritto alla maggior parte delle testate musicali nazionali per denunciare questa censura artistica che al momento colpisce me, ma col tempo potrebbe inibire la creatività di altri artisti, purtroppo non ho ricevuto risposta da parte della maggior parte dei pavidi giornalisti servi del potere, anzi da qualcuno mi è stato anche detto con nonchalance che “Sono gli algoritmi adesso a scegliere, mica ci sono le “persone reali” che ascoltano il tuo disco e decidono di non caricarlo, pensa che a volte bloccano anche la visione delle immagini dei nudi di Renoir!”. Tutto ciò mi fa rabbrividire e mi spaventa: stiamo permettendo alle macchine di condizionare il mondo dell’arte senza opporre alcuna reazione. …e poi devo sentire l’ultima canzonetta commerciale del neonato trio “artistico” Fedez-Lauro-Berti che all’interno del brano cita testualmente lo sponsor della “Coca Cola”. Ma adesso, tornando alla domanda iniziale riguardante la canzone d’autore degli anni d’oro, una domanda la porgo io a te e ai lettori: “Quanti Fedez e Achille Lauro ci vogliono per fare un De André o un Battiato?”

A chiudere: la radio è un concetto antico quasi più della tradizione della canzone italiana. Che rapporto hai con la radio?
Adesso vivo un rapporto di amore e odio nei confronti della radio. La preferivo quando era un “elettrodomestico”. Adesso sta morendo. Da quando hanno inserito le telecamere negli studi radiofonici si è persa la magia del suono della voce, si è perso il piacere da parte dell’ascoltatore di immaginare quale volto si possa nascondere oltre il microfono. Adesso tutto è diventato “video”. Si dice da più parti che “questo è il frutto della naturale evoluzione tecnologica”, ma permettimi di esprimere un’ultima provocazione: “Stando così le cose, forse è giusto che la radio scompaia!”