Marcello Balestra, dall’8 Giugno in teatro con Lucio in orchestra: presto anche il libro

Un’intervista a Marcello Balestra, discografico, creativo, coach, esperto musicale, autore, editore e talent scout, che ha vissuto una vita sia professionale che umana a fianco del grande Lucio Dalla. Un’intervista in cui ci racconta come l’artista emiliano, scomparso il 01 marzo del 2012, sia ancora più che presente nella sua vita, grazie ad un’immensa eredità sulla prospettiva della vita. Dopo le prime fortunate repliche del suo spettacolo teatrale “Lucio c’è” e la prossima pubblicazione dell’omonimo libro sempre dedicato al cantautore, dall’8 giugno va in scena “Lucio in orchestra”, che prende il via dal Teatro Salieri di Legnago (Verona).  

INTERVISTA A MARCELLO BALESTRA

Caro Marcello, La ringrazio infinitamente per la Sua disponibilità. È un onore parlare con un professionista – come Lei – che ha lavorato e lavora, ad altissimi livelli, nel campo musicale. Che cosa ha rappresentato per Lei l’incontro con il grande Lucio Dalla nel 1980 e che ad oggi, rappresenta un punto chiave della Sua vita artistica …

Parlare di Lucio Dalla, per me, è come parlare di vita attuale. L’ho conosciuto quando ero ragazzino e successivamente ho iniziato a lavorare con lui (fra l’86-87). Dopo mi sono laureato in legge ma, la mia prospettiva di vita professionale è cambiata, grazie alla musica e grazie alla conoscenza di  Lucio Dalla, che nel tempo mi ha portato a vedere la vita in una prospettiva diversa: a non  soffermarmi al primo impatto visivo o mentale delle cose… Questo, mi ha portato a guardare l’attualità, a parte quella stringente (come i fatti di cronaca) sia con romanticismo, che con un’attenzione particolare – come mi ha insegnato proprio Lucio – attraverso l’analisi “sostanziale e futuristica”. Grazie a questo modo di “osservare” il linguaggio e la creatività espressa, nel momento in cui sono sbarcato alla Warner – nel 2001 – ho potuto applicare il know-how appreso all’interno del mondo musicale bolognese. Nello specifico applicai quelle che si possono definire le “NON REGOLE” della discografia: ovvero, far prevalere l’istinto musicale in  un ambiente che coglieva – già all’epoca – soltanto frutti già maturi, mentre io cercavo (anche un po’ di nascosto), di coltivare prodotti artistici che avrebbero potuto dare, in futuro, dei buoni risultati. Nel 2023, mentre scrivo le ultime righe del libro “Lucio c’è”, ritornando ai tantissimi momenti condivisi con lui, scopro suoi ulteriori insegnamenti.  Mi fa “vedere” meglio tante cose e intuire i segni di ciò che stiamo vivendo. Mi rendo sempre più conto dell’enorme eredità e responsabilità che mi ha lasciato: non solo con la sua musica, ma con il suo punto di osservazione di cose, fatti e persone, consentendomi di coglierne la parte essenziale  futura. Racconto di lui come di un profeta attuale: per quello che ha scritto, realizzato,  immaginato e  preventivato. Non parlo di lui come un veggente, ma come un sensibilissimo e acutissimo visionario. Una presenza sempre utile per decifrare i cambiamenti epocali e i comportamenti della gente. Sempre riferendomi al libro “Lucio c’è”,  nato dal concerto-racconto sulla percorso vissuto  con lui, trovo che sia il sunto e il punto di incontro di molti fatti accaduti prima  e dopo la sua “partenza”. Un testo che uscirà entro il 2023, in cui si potranno cogliere alcuni piccoli tesori che ho tenuto inconsciamente dentro me e che non avrei mai immaginato di riuscire a mettere nero su bianco. Ricordi condivisi, che finalmente, saranno lasciati a qualcun altro.

Segue e pubblica artisti di e progetti di calibro internazionale per Warner Music Italia. Che cosa si prova ad affiancare questi grandi talenti? Ha mai avuto paura di sbagliare? Qual è stato il mordente del suo successo

Seguire altri artisti importanti è stata sicuramente una grande opportunità di crescita. Ho lavorato come Direttore artistico  in un’azienda (la Warner) che aveva interpreti all’interno della sua scuderia, come ad esempio, Laura Pausini e Nek che si sono affacciati al mondo,  mentre  molti altri, avevano un taglio esclusivamente nazionale. Il prodotto italiano oggi, ha più chance internazionali quando “rompe” il suo classico schema: vedi Mahmood, i Maneskin e, occasionalmente, altri artisti che con specifici brani, arrivano anche a farsi notare e a vendere in America e in Asia. Oggi è necessario pensare in modo internazionale, sia per artisti, che per canzoni, che abbiano un potenziale world-wide, anche se con progetti espressi in italiano.  La paura di sbagliare? Quella c’è sempre! Specialmente la paura di sbagliare il momento. La cosa più difficile, in caso di pubblicazioni o nella ricerca di nuovi artisti, è il timing. L’individuazione di un talento, può avvenire anche all’interno di un progetto fortunato, che abbia già un suo appeal percepibile dal pubblico, come avviene nei talent più famosi. Poi però  all’orecchio e al cuore da pubblico, va aggiunta la percezione professionale e una bella dose di curiosità – che applico sempre nei vari casi. È capitato di produrre artisti che proponevano qualcosa, non così in linea col mood del momento, creando aspettative impossibili da esaudire. Per cui la difficoltà rimane quella di affrontare il pubblico con artisti e canzoni che possano essere capiti,   anche risultando “fastidiosi”, ma comunque  notati. L’errore spesso non c’è, si tratta    semplicemente di sopravvalutare o  di sottovalutare l’artista che stai pensando sia o meno adatto ad un pubblico, cercando comunque di non sbagliare  la modalità di veicolazione. Non credo  negli artisti che utilizzano in eccesso  la semplicità e la superficialità, per arrivare alla gente, o per mantenersi presenti nel mondo della musica. Anche quello – se ci pensi bene – è un modo per esistere o sopravvivere. Nella ricerca non ho mai “utilizzato” artisti di riferimento, nonostante abbia vissuto un lunghissimo percorso con la musica di Lucio Dalla e con altri artisti bolognesi. Ho sempre vissuto l’aspetto musicale, come un luogo di novità: sia che fossero novità leggere o semplici, ma soprattutto vere, sentite e molto coerenti con quello che era il personaggio o l’artista di turno. Per me il mordente del successo è questo: non crearsi mai delle aspettative. Non aspettarsi mai grandi risultati, ma farsi coinvolgere da una sensazione forte, trascinante anche se negli ultimi anni in Italia (intendo, soprattutto, negli ultimi 5 o 6) a parte Ultimo e i Maneskin, non ci sono stati fenomeni trascinanti,  ma ci sono personaggi specie in area trap, che per fasce di mercato e di pubblico, riescono ad essere dei leader con linguaggi diversi, non fulminanti, ma sufficienti per appagare il pubblico di oggi.

Può dirci qualcosa su suoi futuri lavori e progetti?

Come ti ho accennato, ho a cuore “Lucio c’è”, non solo come spettacolo live, ma anche come libro. Per me si tratta di uno spartiacque del mio percorso umano e, se vogliamo, anche professionale. Nel progetto “Lucio c’è” cerco di raccontare quello che è stato un percorso di grandissimo apprendimento, per poi intraprendere quello che può essere invece, un percorso di ricerca e di progetti motivazionali che riguardano artisti, canzoni e testimonial. Sto seguendo alcuni giovani artisti e, dagli stessi, vorrei che venisse fuori questa nuova filosofia e linea artistica. Vorrei produrre artisti costruttivi che “incarnassero” quella che secondo me è una svolta, utile alla rigenerazione del pensiero propositivo. Questo è uno dei miei progetti, insieme ad eventi, festival, ecc… Dall’8 giugno, va in scena anche “Lucio in orchestra”, concerto che prende il via dal Teatro Salieri di Legnago (Verona) insieme al direttore d’orchestra Diego Basso, con 40 elementi e il grande Ron che, cantando le canzoni di Lucio, insieme ai professionisti dell’Art Voice Academy, verranno accompagnati da alcuni miei racconti. Tutti progetti legati dall’aspetto costruttivo, non celebrativo e nemmeno riferiti al passato, senza mai essere la  replica di quello che ho vissuto, ma la sola riproposizione di momenti e di storie,  in funzione di quello che potremmo vedere o vivere in futuro.