MAURO PAGANI IN CONCERTO A PESARO

Crêuza de mä

L’anno appena terminato ha segnato il trentesimo anniversario dalla prima pubblicazione di  capolavoro scritto a quattro mani da Fabrizio de Andrè e Mauro Pagani, ormai universalmente riconosciuto come una delle pietre miliari della cultura musicale italiana: é stato votato dalla critica e dal pubblico “Miglior Disco Italiano” degli anni Ottanta; scelto da David Byrne e Rolling Stone America come uno dei dieci migliori dischi del decennio nel mondo; al quarto posto dei 100 migliori dischi di sempre della musica leggera italiana nella speciale classifica realizzata e pubblicata da Rolling Stone Italia.

Per celebrare lʼevento, la Fondazione De Andrè e Mauro Pagani hanno deciso di rimixare lʼalbum, partendo dai nastri analogici originali e utilizzando al meglio le più moderne tecnologie digitali. Ne è uscito un cd doppio, pubblicato dalla Sony e immediatamente entrato nelle classifiche dei dischi più venduti, che include tutti i brani originali rimixati, un arrangiamento completamente inedito di Jamin – a, tre remix alternativi di altrettanti brani del disco ed un intero concerto live di Fabrizio de André registrato durante la tournèe di  Crêuza.

Accompagnato dai suoi musicisti (Mario Arcari ai fiati, Eros Cristiani alle tastiere e fisarmonica, Joe Damiani alla batteria e percussioni), Mauro Pagani (voce, violino, bouzouki) ha offerto al pubblico del Teatro Rossini i vecchi e nuovi mix dellʼintero album, oltre a alcuni brani storici, frutto della sua collaborazione con De Andrè, tra cui A Cimma, Monti di Mola, Megu Megun La Domenica delle Salme, che figurano nell’album Le nuvole (1990).

“Se guardo indietro e osservo quel gran guazzabuglio di suoni, facce, chilometri, colori e storie che è la mia ormai cinquantennale avventura di musicante, Crêuza de mä spicca tra tutti come lʼavvenimento di gran lunga più importante, più misterioso e più stupefacente cui abbia avuto la fortuna di partecipare. Perché importante, è fin troppo ovvio. Misterioso, perché misterioso e imprevedibile è stato il caso che ha fatto incontrare Fabrizio e me nel momento perfetto, quando entrambi eravamo pronti: lui a rivoluzionare tutto il suo universo estetico e tuffarsi con un enorme coraggio in un mare sconosciuto, le cui correnti erano davvero difficili da prevedere e governare: io, a ordinare quasi miracolosamente la gran quantità di suoni che avevo inghiottito in anni di bulimia mediterranea e trasformarla in canzoni. Stupefacente, come il romanzo di avventure che ne è venuto fuori, come la reazione della gente, il gran turbine di sentimenti, emozioni, sogni che è riuscito a suscitare in così tanti. Sono passati trentʼanni, Fabrizio manca ormai da quindici, ma nullʼaltro è entrato profondamente nella mia vita e nella mia quotidianità come Crêuza”: sono alcune delle riflessioni scritte da Pagani nella copertina dell’album.

Crêuza de mä è interamente cantato in genovese, l’idioma della Repubblica di Genova, tuttora vivo, che racchiude parole di greco, spagnolo, arabo, francese ed inglese e che è stato per molti secoli (dal basso Medioevo fino al XVII secolo, il secolo dei genovesi)  una delle lingue più usate per la navigazione e gli scambi commerciali nel bacino del Mediterraneo.

“Ho usato la lingua del mare, un esperanto dove le parole hanno il ritmo della voga, del marinaio che tira le reti e spinge sui remi-disse de André-  Mi piacerebbe  che Crêuza fosse il veicolo per far penetrare agli occhi dei miei concittadini (e non solo nei loro) suoni etnici che appartengono alla loro cultura”

Ed al mare, poeticamente descritto come un posto dove la luna si mostra nuda (non ombreggiata da colline, piante o case) e dove la notte ha puntato il coltello alla gola, sono collegati tutti i testi delle canzoni: a partire da Crêuza de mä che da il titolo all’album, dove i marinai scendono a terra e vanno a mangiare alla taverna dell’Andrea,  pensando a chi vi potrebbero trovare; a Jamín-a, la lupa di pelle scura capace di fare l’amore in modo travolgente e quasi insaziabile; a  pittima (la persona a cui  nell’antica Genova ci si rivolgeva per esigere i crediti dai debitori insolventi); a  duménega, il rito della passeggiata domenicale che il comune di Genova concedeva un tempo alle prostitute, per tutta la settimana relegate a lavorare in un quartiere della città, a D’ä mê riva, che vede un marinaio al momento della partenza  salutare con un triste canto d’addio l’innamorata che lo guarda dal molo e la sua città, Genova.

Il pubblico ha molto apprezzato Pagani a cui ha richiesto numerosi bis…e non voleva lasciarlo andar via.

Paola Cecchini